Confsal punta il dito contro la nuova
geografia dei tribunali
Convegno
sindacale per tirare le somme della controversa riforma: “80milioni di euro si
potevano recuperare con taglio degli stipendi dei parlamentari”. Disagi a lungo
termine per lavoratori e utenti. La soluzione? In una quota del Fug
Ottanta milioni di euro da recuperare sedutastante.
Neanche molti, a detta del segretario generale nazionale di Confsal Unsa,
Massimo Battaglia, che dall’hotel Tiziano di Lecce ha lanciato la sua
invettiva, a tutto tondo, contro la riforma ‘epocale’ della geografia
giudiziaria. Soldi che si potevano risparmiare,a suo dire, mediante un semplice
taglio degli stipendi e degli emolumenti dei parlamentari: operazione che
avrebbe permesso di racimolare persino di più. “Invece si è preferito
massacrare la farraginosa macchina giudiziaria, portata avanti quotidianamente
e con fatica, da migliaia di dipendenti il cui ruolo non viene preso in
considerazione”. L’analisi del provvedimento preso dal ministro dell’Interno
Anna Maria Cancellieri, come una falce, rastrellerà tutte le sedi periferiche
dei tribunali italiani (circa mille uffici sul territorio nazionale) è al
centro del convegno organizzato da Confsal Unsa. Tre giorni per organizzare la
contro – risposta al “massacro della giustizia italiana”, per usare le parole
del segretario nazionale che spiega, però, non volersi occupare di proteste in
quanto tali. Quanto, piuttosto, di voler predisporre un’ alternativa per
ottenere quel finanziamento pubblico indispensabile per risollevare le
drammatiche sorti in cui versano sia i palazzi di giustizia, sia gli istituti
penitenziari. Lo sguardo dei sindacalisti è ovviamente puntato su disagi e
disservizi, immediati e di lungo corso, scaricati innanzitutto sul personale. E
sull’utenza, ancora ignara dei possibili risvolti. Ma questa battaglia,
diversamente da altre note polemiche sull’argomento, “non vuole essere una
guerra di concetto o basata sulla sola affermazione di un diritto”. Ci tiene a
precisarlo il segretario nazionale, così come ci tiene a ribadirlo il collega
della segreteria regionale Giovanni Rizzo: “La nostra posizione è contraria ad
un taglio lineare ed indiscriminato,ma non abbiamo mai creduto che non fosse
necessario riordinare la macchina giudiziaria, a partire dagli accorpamenti
delle sezioni distaccate”. Il risultato finale di questo percorso intrapreso
dai vari governi, fino all’esecutivo di Gianni Letta, lascerebbe però molto a
desiderare. E già più di qualcuno aveva lanciato l’allarme di un rischio
collasso per le attività di alcuni circondari provinciali. “La prima legge
delega in materia disponeva la sola riduzione del numero degli uffici. In
provincia di Lecce, ad esempio, i tribunali di Nardò, Maglie e Casarano
possedevano tutti i requisiti richiesti per mantenere l’esercizio”, spiega
Rizzo. La chiusura drastica, arrivata con l’esecutivo guidato da Mario Monti e
confermata dal suo successore Enrico Letta, non avrebbe tuttavia incrociato
particolari resistenze né da parte dell’avvocatura associata (“che da un
accentramento della clientela ha tutto da guadagnare”) né dal corpo della
magistratura. Tuttavia, il trasferimento di atti, faldoni, processi verso la
sede principale (Lecce in questo caso),a detta del sindacato, non solo
provocherebbe confusione ed inconvenienti logistici, ma viaggerebbe in
direzione contraria rispetto al principio costituzionale del decentramento. Pur
tralasciando quegli effetti collaterali di “secondaria importanza” come la
mobilità ed il pendolarismo degli addetti ai lavori, ed il riverbero negativo
sul piccolo indotto economico che sorge in prossimità delle sedi periferiche
(vedi bar e fornitura per la cancelleria), “l’emergenza resta totale”. Il
tribunale di Lecce è già alle prese con surplus di lavoro cui non
corrisponderebbe un’adeguata dotazione organica: parte del personale non ha
ancora fatto armi e bagagli per trasferirsi nel capoluogo. E questo perché
rimangono gli arretrati della giustizia civile da smaltire negli uffici di
Maglie e Nardò, mentre la sede di Casarano è rimasta provvisoriamente aperta in
attesa del giudizio del Tar. Ma i danni peggiori, conferma il segretario Rizzo,
si manifesteranno col tempo. Quando la macchina oliata dalla nuova geografia
giudiziaria comincerà a funzionare a pieno regime. Quando per ogni documento,
processo e testimonianza che sia, gli utenti dovranno recarsi a Lecce. Quando i
giovani avvocati autonomi dovranno abbassare le tariffe per reggere la
concorrenza. E quando anche l’ultimo baluardo della giustizia periferica (cioè
gli uffici del giudice di pace) cadrà nel mese di aprile 2014. “La città
barocca, a quel punto, si troverà completamente sprovvista di locali idonei,
considerato che il sindaco Paolo Perrone ha già dichiarato la mancanza di
disponibilità economica per affittarne degli altri”, conferma il sindacalista.
“Per molti anni la politica non si è occupata di questo pezzo d’Italia e quando
si parla di giustizia lo si fa unicamente nella direzione di salvare un singolo
parlamentare – polemizza Battaglia dai locali del Tiziano -. La verità è che in
molti tribunali si ha un accesso senza controllo, al punto da poter introdurre
qualunque cosa, persino un bazuka. E che se ci mettessimo d’impegno,
riusciremmo a far chiudere almeno il 20 percento dei palazzi giudiziari e delle
carceri nazionali”. Se la macchina necessita di soldi per rimettersi in sesto,
una via d’accesso sarebbe in quel Fondo unico della giustizia (Fug) equamente
ripartito tra i tre ministeri del Tesoro, della Giustizia e dell’Interno. Nel
caso del dicastero della giustizia però, eccezionalmente, neanche un euro in
più finisce nelle tasche dei lavori. “La commissione giustizia della Camera dei
deputati ha espressamente chiesto di modificare la legge per permettere di
dirottare una quota del Fug a beneficio dei dipendenti, ma il Parlamento ha
cestinato l’ipotesi”, spiega Battaglia. La soluzione del sindacato Confsal Unsa
sarebbe proprio in questa eccezione giuridica: devolvere una parte a beneficio
dei lavoratori, mediante una previsione giuridica. E non attraverso una
modifica del contratto collettivo nazionale di categoria. “Se non saremo in
grado di farci ascoltare dal ministro Angelino Alfano su questo punto –
conclude il segretario nazionale – perderemo senz’altro la partita”.
Lecce Prima (da associazionenazionaleavvocatiitaliani.it del 17.10.2013)