giovedì 17 ottobre 2013

GIUSTIZIA AL COLLASSO



Confsal punta il dito contro la nuova geografia dei tribunali



Convegno sindacale per tirare le somme della controversa riforma: “80milioni di euro si potevano recuperare con taglio degli stipendi dei parlamentari”. Disagi a lungo termine per lavoratori e utenti. La soluzione? In una quota del Fug



Ottanta milioni di euro da recuperare sedutastante. Neanche molti, a detta del segretario generale nazionale di Confsal Unsa, Massimo Battaglia, che dall’hotel Tiziano di Lecce ha lanciato la sua invettiva, a tutto tondo, contro la riforma ‘epocale’ della geografia giudiziaria. Soldi che si potevano risparmiare,a suo dire, mediante un semplice taglio degli stipendi e degli emolumenti dei parlamentari: operazione che avrebbe permesso di racimolare persino di più. “Invece si è preferito massacrare la farraginosa macchina giudiziaria, portata avanti quotidianamente e con fatica, da migliaia di dipendenti il cui ruolo non viene preso in considerazione”. L’analisi del provvedimento preso dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, come una falce, rastrellerà tutte le sedi periferiche dei tribunali italiani (circa mille uffici sul territorio nazionale) è al centro del convegno organizzato da Confsal Unsa. Tre giorni per organizzare la contro – risposta al “massacro della giustizia italiana”, per usare le parole del segretario nazionale che spiega, però, non volersi occupare di proteste in quanto tali. Quanto, piuttosto, di voler predisporre un’ alternativa per ottenere quel finanziamento pubblico indispensabile per risollevare le drammatiche sorti in cui versano sia i palazzi di giustizia, sia gli istituti penitenziari. Lo sguardo dei sindacalisti è ovviamente puntato su disagi e disservizi, immediati e di lungo corso, scaricati innanzitutto sul personale. E sull’utenza, ancora ignara dei possibili risvolti. Ma questa battaglia, diversamente da altre note polemiche sull’argomento, “non vuole essere una guerra di concetto o basata sulla sola affermazione di un diritto”. Ci tiene a precisarlo il segretario nazionale, così come ci tiene a ribadirlo il collega della segreteria regionale Giovanni Rizzo: “La nostra posizione è contraria ad un taglio lineare ed indiscriminato,ma non abbiamo mai creduto che non fosse necessario riordinare la macchina giudiziaria, a partire dagli accorpamenti delle sezioni distaccate”. Il risultato finale di questo percorso intrapreso dai vari governi, fino all’esecutivo di Gianni Letta, lascerebbe però molto a desiderare. E già più di qualcuno aveva lanciato l’allarme di un rischio collasso per le attività di alcuni circondari provinciali. “La prima legge delega in materia disponeva la sola riduzione del numero degli uffici. In provincia di Lecce, ad esempio, i tribunali di Nardò, Maglie e Casarano possedevano tutti i requisiti richiesti per mantenere l’esercizio”, spiega Rizzo. La chiusura drastica, arrivata con l’esecutivo guidato da Mario Monti e confermata dal suo successore Enrico Letta, non avrebbe tuttavia incrociato particolari resistenze né da parte dell’avvocatura associata (“che da un accentramento della clientela ha tutto da guadagnare”) né dal corpo della magistratura. Tuttavia, il trasferimento di atti, faldoni, processi verso la sede principale (Lecce in questo caso),a detta del sindacato, non solo provocherebbe confusione ed inconvenienti logistici, ma viaggerebbe in direzione contraria rispetto al principio costituzionale del decentramento. Pur tralasciando quegli effetti collaterali di “secondaria importanza” come la mobilità ed il pendolarismo degli addetti ai lavori, ed il riverbero negativo sul piccolo indotto economico che sorge in prossimità delle sedi periferiche (vedi bar e fornitura per la cancelleria), “l’emergenza resta totale”. Il tribunale di Lecce è già alle prese con surplus di lavoro cui non corrisponderebbe un’adeguata dotazione organica: parte del personale non ha ancora fatto armi e bagagli per trasferirsi nel capoluogo. E questo perché rimangono gli arretrati della giustizia civile da smaltire negli uffici di Maglie e Nardò, mentre la sede di Casarano è rimasta provvisoriamente aperta in attesa del giudizio del Tar. Ma i danni peggiori, conferma il segretario Rizzo, si manifesteranno col tempo. Quando la macchina oliata dalla nuova geografia giudiziaria comincerà a funzionare a pieno regime. Quando per ogni documento, processo e testimonianza che sia, gli utenti dovranno recarsi a Lecce. Quando i giovani avvocati autonomi dovranno abbassare le tariffe per reggere la concorrenza. E quando anche l’ultimo baluardo della giustizia periferica (cioè gli uffici del giudice di pace) cadrà nel mese di aprile 2014. “La città barocca, a quel punto, si troverà completamente sprovvista di locali idonei, considerato che il sindaco Paolo Perrone ha già dichiarato la mancanza di disponibilità economica per affittarne degli altri”, conferma il sindacalista. “Per molti anni la politica non si è occupata di questo pezzo d’Italia e quando si parla di giustizia lo si fa unicamente nella direzione di salvare un singolo parlamentare – polemizza Battaglia dai locali del Tiziano -. La verità è che in molti tribunali si ha un accesso senza controllo, al punto da poter introdurre qualunque cosa, persino un bazuka. E che se ci mettessimo d’impegno, riusciremmo a far chiudere almeno il 20 percento dei palazzi giudiziari e delle carceri nazionali”. Se la macchina necessita di soldi per rimettersi in sesto, una via d’accesso sarebbe in quel Fondo unico della giustizia (Fug) equamente ripartito tra i tre ministeri del Tesoro, della Giustizia e dell’Interno. Nel caso del dicastero della giustizia però, eccezionalmente, neanche un euro in più finisce nelle tasche dei lavori. “La commissione giustizia della Camera dei deputati ha espressamente chiesto di modificare la legge per permettere di dirottare una quota del Fug a beneficio dei dipendenti, ma il Parlamento ha cestinato l’ipotesi”, spiega Battaglia. La soluzione del sindacato Confsal Unsa sarebbe proprio in questa eccezione giuridica: devolvere una parte a beneficio dei lavoratori, mediante una previsione giuridica. E non attraverso una modifica del contratto collettivo nazionale di categoria. “Se non saremo in grado di farci ascoltare dal ministro Angelino Alfano su questo punto – conclude il segretario nazionale – perderemo senz’altro la partita”.


Lecce Prima (da associazionenazionaleavvocatiitaliani.it del 17.10.2013)