di Matteo Santini (Foro di Roma)
Molti di noi ancora non lo sanno. Oppure fanno finta di non saperlo nella convinzione che per vivere più serenamente serve una buona dose di ottimismo e di immaginazione. I media, i politici e le istituzioni infliggono, giorno dopo giorno, colpi letali alla categoria degli avvocati. La media conciliazione obbligatoria, l’aumento del contributo unificato (con l‘introduzione dello stesso in materie sempre oggetto di esenzione in passato), le liberalizzazioni introdotte dalla manovra economica, le tariffe forensi ferme ormai al 2004 (nonostante l’obbligo di aggiornarle ogni due anni) e le limitazioni all’accesso alla giustizia hanno, di fatto, annientato una categoria. Il tutto condito da un’orrenda mistificazione della realtà; una consapevole deformazione dei fatti. Qualcuno fa anche finta di protestare contro provvedimenti che stanno letteralmente annichilendo la categoria, mentre, di fatto, fa l’occhiolino ai poteri forti che vorrebbero una categoria forense a servizio delle grandi imprese. Smettiamola di coltivare solo il nostro orticello. Nella nostra categoria è mancata l’unitarietà ed è sempre prevalso l’egoismo e l’individualismo; altro che casta ! Non mi appartiene il servilismo nei confronti dei potenti motivato dal timore che se si è da soli ad alzare il capo, si viene più agevolmente individuati e schiacciati. La professione forense non è un’impresa commerciale e non lo sarà mai. Il ruolo sociale dell’avvocato, è riconosciuto non dall’articolo 41 della Costituzione, come a molti farebbe comodo pensare, bensì dall’articolo 24. La manovra economica parla all’articolo 3 di indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni. Di cosa parliamo ? Se, consideriamo come indebite restrizioni le disposizioni volte a limitare il numero degli iscritti, a verificare l’effettiva preparazione degli aspiranti avvocati attraverso un esame di stato serio e rigoroso, a limitare forme di concorrenza sleale mediante aste al ribasso sulle tariffe dei servizi professionali, allora mi viene il dubbio che le restrizioni debite o indebite che si vogliono abolire, in passato non siano mai esistite o quanto meno non abbiano funzionato. Duecentoquarantamila avvocati in Italia hanno brillantemente superato queste insormontabili restrizioni entrando a far parte di un esercito di potenziali disoccupati (un avvocato ogni 200 abitanti); e tutto questo, nell’attesa di essere invasi da un’armata di altrettanti avvocati a cui le nobili liberalizzazioni spalancheranno le porte della professione.
(Da Mondoprofessionisti del 29.9.2011)