La sentenza 24 maggio 2011, n. 11430 registra l’ennesimo intervento della Corte di Cassazione in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione per danni da insidia stradale.
Nella fattispecie, giunge all’esame dei Giudici di Piazza Cavour uno dei casi di più frequente verificazione pratica, rappresentato dal pedone che incappa in una buca del manto stradale coperta da acqua piovana e subisce lesioni personali.
In questa occasione, non si controverte sull’applicabilità dell’art. 2051 c.c., data per presupposta sia dal giudice di merito (la Corte d’Appello di Bologna), sia dai giudici di legittimità, quanto sul valore giuridico da attribuire alla circostanza che la buca, fonte del danno, fosse ricoperta di acqua.
Le soluzioni prospettate sono diametralmente opposte.
Da un lato, la Corte d’Appello di Bologna ha qualificato la circostanza in questione alla stregua del caso fortuito, idoneo ad elidere il nesso di causalità tra la cosa e il danno e, di conseguenza, ad esonerare il custode della cosa – nella specie l’amministrazione comunale – dalla responsabilità risarcitoria.
Dall’altro lato, la Corte di Cassazione, censurando la sentenza di merito sul rilievo critico per cui “La Corte di appello ha confuso un evento (normale e largamente prevedibile) che ha contribuito a causare il danno (…) con una causa di interruzione del nesso causale, quasi che si trattasse di evento esterno e non controllabile, di per sé solo sufficiente a produrre il danno”, ha proposto una soluzione antitetica.
Il fatto che la buca del manto stradale sia ricoperto di acqua, ad avviso degli Ermellini, rappresenta una circostanza idonea ad aggravare gli effetti del vizio di manutenzione e destinata ad escludere, pertanto, non già la responsabilità del Comune, ma al contrario un eventuale concorso di colpa dell’infortunata, per non aver visto tempestivamente la buca.
In altri termini, la pioggia, nascondendo le asperità del suolo, le rende ancor più insidiose, con la conseguenza di escludere – o quanto meno limitare – la configurabilità del concorso del fatto colposo del danneggiato.
Il principio enunciato dalla Corte di Cassazione favorisce in maniera evidente le ragioni del danneggiato a discapito della posizione sostanziale e processuale della pubblica amministrazione convenuta. Dalla vicenda emergono, tuttavia, alcune perplessità, che rappresentano altrettanti spunti di riflessione.
Per un verso, la soluzione approntata dalla Corte d’Appello, per come riassunta nella sentenza della Cassazione, appare davvero poco condivisibile: una precipitazione atmosferica non può certo essere qualificata in termini di evento estemporaneo, imprevedibile ed inevitabile e, quindi, idoneo autonomamente ad integrare un’ipotesi di caso fortuito, sia pure inteso nella sua accezione soggettiva di evento idoneo ad escludere la colpa del custode.
Il danno è riconducibile al Comune, infatti, in ragione della presenza della buca sul manto stradale e non della pioggia caduta.
Per altro verso, tuttavia, neppure la soluzione approntata dalla Corte di Cassazione sembra cogliere completamente nel segno. Il comportamento del pedone che incappa in una buca del manto stradale appare più distratto e imprudente laddove la buca piena di acqua piovana sia diventata una vera e propria pozzanghera; la circospezione esigibile dal pedone che attraversa la strada bagnata dalla pioggia è maggiore rispetto alle ordinarie condizioni.
Di conseguenza, il fatto che la buca stradale sia ricoperta di acqua si risolve in una circostanza della quale tener conto in sede di valutazione del comportamento del danneggiato, ai fini della configurabilità di un fatto colposo del danneggiato equiparabile al caso fortuito e, quindi, idoneo ad escludere la responsabilità risarcitoria del custode ovvero, ricorrendo un’ipotesi di concorso, ridurla proporzionalmente.
(Da Altalex del 9.9.2011. Nota di Raffaele Plenteda)