Cass. Civ. Sez. III, sent. 12.9.2011, n. 18641
Si deve registrare ancora una volta un intervento rilevante in materia di risarcimento del danno non patrimoniale da parte dei giudici investiti della questione. In questo caso la Cassazione , con la sentenza 12 settembre 2011, n. 18641, si pronuncia sulla risarcibilità di un danno morale, considerando quest’ultimo come appartenente ad una categoria autonoma e distinta dal danno biologico, entro l’ampio genere del pregiudizio non patrimoniale.
Nel caso prospettato è stata affrontata una questione posta da un ginecologo condannato al risarcimento dei danni conseguenti alla sua condotta che aveva colpevolmente causato ad un bambino un danno alla salute permanente pari al 100 % dei valori tabellari.
In sede di ricorso per Cassazione il ginecologo pone la questione se il danno non patrimoniale da lesione del diritto alla salute costituisca una categoria onnicomprensiva tale da contenere tutti i pregiudizi concretamente sofferti dal danneggiato.
I giudici del Palazzaccio, intervenendo sulla questione, ribadiscono che il profilo morale del danno non patrimoniale è autonomo e non può certo considerarsi scomparso “per assorbimento” all’interno dell’onnicomprensivo danno biologico tabellato. Il riferimento è alla applicazione delle tabelle milanesi che, prima della loro rivisitazione all’indomani delle sentenze della Cassazione dell’11 novembre 2008, prevedevano, in base all’ormai consolidato diritto vivente, la liquidazione del danno morale come frazione del danno biologico salvo personalizzazione.
La modifica del 2009 – prosegue la Cassazione - delle tabelle del tribunale di Milano - che la Corte , con la sentenza n. 12408/2011 (nella sostanza confermata dalla successiva pronuncia n. 14402/2011) ha dichiarato applicabili, da parte dei giudici di merito, su tutto il territorio nazionale - in realtà, non ha mai “cancellato” (contrariamente a quanto opinato dal ricorrente) la fattispecie del danno morale intesa come “voce” integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale: né avrebbe potuto farlo senza violare un preciso indirizzo legislativo, manifestatosi in epoca successiva alle sentenze del 2008 delle stesse sezioni unite, dal quale il giudice, di legittimità e non, evidentemente non può in alcun modo prescindere in una disciplina di sistema che, nella gerarchia delle fonti del diritto, privilegia ancora la diposizione normativa rispetto alla produzione giurisprudenziale.
Infine, in relazione al danno c.d. "parentale", la cassazione ha affermato la risarcibilità degli aspetti relazionali propri di tale pregiudizio inteso come danno esistenziale, ritenendo necessaria una verifica dei parametri indicati nelle tabelle milanesi alla luce dello sconvolgimento dell'esistenza e dei radicali cambiamenti di vita.
(Da Altalex del 22.9.2011. Nota di Alessandro Ferretti)