di Luigi Pasini, segretario sindacato avvocati di Bari
L’Avvocatura, lo ripetiamo sempre, è sotto assedio. Gli attacchi dei poteri forti (su tutti Confindustria) sono diretti, con critiche feroci in termini di casta che opera a tutela dei soli interessi di categoria e che intasa i tribunali con cause inutili, e indiretti, con la previsione di meccanismi extraprocessuali in cui la figura dell’Avvocato non è prevista e la sua funzione è ridotta a semplice costo d’impresa da tagliare. Le critiche, poi, trovano massima diffusione e risonanza su quei giornali che rispondono ai poteri forti che ci giudicano negativamente. Non si tratta di piangersi addosso né di chiamarsi fuori da responsabilità, ma nessuno sembra accorgersi che, passo dopo passo, con un decreto alla volta, con manovre finanziarie ordinarie, straordinarie e correttive, una funzione fondamentale dello Stato, quale quella di amministrare e somministrare giustizia, sta venendo meno. Tutti sembrano essere rassegnati a questo disegno, anche i magistrati, gli avvocati e tutti gli operatori di giustizia che dovrebbero trovare la propria ragion d’essere nell’unico fine della tutela dei diritti del cittadino. Gli elementi costanti che caratterizzano negativamente i provvedimenti di questi ultimi anni sono due: la mancanza di investimenti nel settore giustizia e l’aumento del contributo unificato il cui ricavato, però, è destinato a soddisfare bisogni ed esigenze finanziarie dello Stato del tutto diverse da quelle del sistema giudiziario. Ad essi si sommano poi, sparsi qua e là, l’abolizione del tentativo di conciliazione nel rito del lavoro, la mediaconciliazione privata, il riordino degli uffici giudiziari, la previsione di sanzioni pecuniarie nel processo in caso di ingiustificato ricorso alla conciliazione, la motivazione a pagamento e l’introduzione del contributo unificato in materie socialmente esenti (sono soltanto alcune delle sciagurate previsioni pensate dal legislatore). È difficile non ravvisare in questi provvedimenti, spacciati per soluzioni al problema, la reale e inarrestabile volontà di rendere più difficile e più oneroso l’accesso alla giustizia. La tutela dei diritti del cittadino e la sentenza di un giudice super partes devono lasciare il posto a forme di giustizia privata che nascondono le inefficienze e le incapacità di chi ci governa, se non addirittura la volontà politica di negare l’uguaglianza del cittadino dinanzi alla legge. Dallo smantellamento della giustizia allo svilimento della professione di Avvocato, poi, il passo è breve. Dove non c’è giustizia è mai possibile riconoscere alla figura dell’Avvocato un ruolo e una funzione di rilevanza sociale e costituzionale? La realtà si sta evolvendo verso una forma di giustizia sempre più privata dove il ruolo del difensore non è nemmeno prevista. In questo delicato momento storico, allora, sarebbe auspicabile che l’Avvocatura, all’esterno e anche al suo interno, dia prova di grande senso di responsabilità. Sarebbe cioè auspicabile un passo indietro da parte di tutti, dal CNF in primis, sulla riforma dell’ordinamento professionale: al bando tutto ciò che divide le varie componenti associative dell’Avvocatura e ogni diversa visione della nostra professione!!! A che serve oggi litigare per il governo di una categoria svilita nella sua funzione? Discutiamone successivamente, anche duramente, ma le priorità adesso sono altre. L'Avvocatura oggi deve lottare, con unità di intenti e voce, contro lo smantellamento della funzione pubblica di assicurare giustizia. Questo tipo di lotta non può essere lasciato ad altre categorie e a quei poteri forti che, pur di tirare l'acqua al proprio mulino, indicano proprio nell'Avvocatura uno (o il male) dei mali del sistema. Assicurare al cittadino l'accesso alla giustizia, la pronuncia di una sentenza da parte di un giudice terzo naturale e precostituito, un processo veloce, e al tempo stesso contrastare ogni forma di giustizia privata accessibile solo a chi può assolvere a contributi esosi e ogni forma di speculazione commerciale sull'effettività della tutela di ogni singolo diritto, rappresentano il vero banco di prova per l'Avvocatura. E il nostro contributo deve essere superiore a quello che oggi già noi paghiamo, per esempio, in termini di difesa dei non abbienti e magistratura onoraria. Diamo prova di un amore incondizionato per la giustizia e per la tutela dei diritti e non solo verso una categoria, la nostra, che casta non è. Restituiti vigore ed effettività a questa insopprimibile funzione dello Stato, l'Avvocato non dovrà elemosinare la dignità e il ruolo che da sempre lo caratterizzano.
(Da Mondoprofessionisti del 12.9.2011)