Cassazione – Sez. III Penale, Sent. 1.8.2011, n.30388
Nel caso di specie il GIP del Tribunale di Firenze aveva disposto il sequestro preventivo di beni e il relativo provvedimento di sequestro per equivalente della somma pari al capitale reintrodotto dall’indagato in Italia mediante “dichiarazioni riservate di rimpatrio” (cosiddetto scudo fiscale di cui alla legge n. 409/2001) ed ottenuto (illecitamente) mediante l’interposizione (dal 1983) nell’acquisto di determinati principi attivi di società di diritto straniero, reputate fittizie, allo scopo di gonfiare i costi dichiarati, produrre profitti non tassati, incrementare, a danno del Servizio Sanitario Nazionale, il prezzo dei farmaci, integrando l’ipotesi di reato di truffa aggravata.
Il Tribunale di Firenze, in sede di riesame, aveva confermato il provvedimento disposto dal GIP sul presupposto che “l’ipotesi di truffa aggravata deve essere configurata come reato a consumazione prolungata, con la conseguenza che il momento consumativo del reato deve essere individuato in quello in cui sono venuti a cessare i pagamenti, anche se l’origine del rapporto è da ricondurre ad un artificio o raggiro posto in essere molto tempo prima. Pertanto – conclude il Tribunale – deve ritenersi applicabile il sequestro per equivalente anche ad ipotesi di reato antecedente all’entrata in vigore della L. n. 300/2000, ma la cui consumazione si sia protratta successivamente”, né può considerarsi ostativa alla commissione del reato l’introduzione del prezzo unico europeo dei farmaci.
Diversamente da quanto sopra affermato dal Tribunale del riesame, la Cassazione ha confermato il proprio orientamento, ricordando che: “anche nell’ipotesi di reato a consumazione prolungata, la giurisprudenza di questa Corte, non contrastata da decisioni di segno opposto, ha escluso che la confisca per equivalente sia applicabile con riferimento a somme che siano state percepite anteriormente all’entrata in vigore delle norme che la consentono”. Detto principio di diritto, continua la Corte , “costituisce puntuale applicazione del disposto dell’art. 15 della medesima legge 29.9.2000 n. 300, che ha introdotto l’art. 640 quater c.p., e dei generali principi di diritto vigenti in materia penale, essendo già reiteratamente e definitivamente affermato che la confisca per equivalente ha natura sanzionatoria e non di misura di sicurezza patrimoniale”.
Pertanto, “l’inapplicabilità retroattiva delle disposizioni che prevedono la confisca per equivalente, preclude ovviamente la possibilità di disporre il sequestro di beni di valore corrispondente al profitto del reato conseguito anteriormente all’entrata in vigore delle disposizioni di cui alla legge citata. Costituisce, infine, consolidato principio di diritto, reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che la confisca per equivalente, e così anche il sequestro, non possono avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, sicché il giudice di merito deve individuare l’effettivo profitto del reato e, quindi, procedere, anche in sede di sequestro, alla valutazione della equivalenza tra il valore de beni e l’entità del profitto”.
Ribadito quanto sopra e considerata l’ordinanza viziata per il mancato riferimento ai criteri in base ai quali è stato quantificato il profitto del reato di truffa aggravata e a specifiche risultanze delle indagini, la Corte ne dispone l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio al fine di consentire il riesame del provvedimento di sequestro e le deduzioni delle parti alla luce di quanto (ri)affermato dalla Corte.
(Dott.ssa Luciana Di Vito, Studio Legale LGA – Da filodiritto.com del 5.9.2011)