E' discriminatoria la condotta della pubblica amministrazione che neghi i congedi di paternità sul rilievo che la moglie dell'impiegato sia una casalinga. E' quanto ha stabilito il Tribunale di Venezia con la sentenza 9 febbraio 2012, n. 192.
La vicenda riguardava la mancata concessione, ad un dipendente del Ministero dell'Interno presso una Questura con mansioni di collaboratore amministrativo, del diritto a fruire dei riposi giornalieri e del congedo per malattia del figlio, ex artt. 40 e 47 del TU 151/2001. In particolare, al padre della piccola, affetta da handicap grave, i riposi e il congedo richiesti venivano negati in ragione del fatto che la moglie, madre della medesima bambina, non è lavoratrice autonoma, bensì casalinga.
Ai sensi dell'art. 40, i periodi di riposo sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) in caso di morte o di grave infermità della madre.
A sua volta, l'art. 47 dispone che entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni. Per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 il genitore deve presentare il certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio, sanitario nazionale o con esso convenzionato. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di cui ai commi 1 e 2. 5. Ai congedi di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore. 6. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
Come hanno evidenziato i giudici di merito, "la nozione di lavoratore assume diversi significati nell'ordinamento, ed in particolare nelle materie privatistiche ed in quelle pubblicistiche; nella fattispecie è a quest'ultimo che occorre fare riferimento, trattandosi di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità, in attuazione delle finalità generali, di tipo promozionale, scolpite dall'art. 31 della Costituzione".
In tale prospettiva, essendo noto che numerosi settori dell'ordinamento considerano la figura della casalinga come lavoratrice non può che valorizzarsi la ratio della norma, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato.
(Da Altalex del 28.2.2012. Nota di Simone Marani)