La sentenza 8 marzo 2012, n. 3649 con la quale la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire il proprio orientamento in relazione al rapporto sussistente fra decreto ingiuntivo e giudizio di opposizione trae origine da una complessa vicenda in punto di fatto.
In estrema sintesi: un istituto di credito aveva ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti di un proprio correntista, risultante debitore in forza del rapporto di conto corrente bancario; il debitore aveva contestato la debenza delle somme sotto una pluralità di profili, fra i quali l’illegittima applicazione di interessi anatocistici da parte dell’istituto bancario. (Anche) Su tale presupposto il giudice di appello, dopo che il giudizio di primo grado si era concluso favorevolmente per il creditore, ha ribaltato l’esito del giudizio di primo grado revocando il decreto ingiuntivo opposto.
Ora, proprio quest’ultimo punto risulta di particolare interesse in quanto il giudice di secondo grado aveva revocato il decreto ingiuntivo sul presupposto che la nullità delle clausole contrattuali che imponevano una ricapitalizzazione trimestrale degli interessi debitori del correntista rendesse il credito né liquido né esigibile: difettando dunque i requisiti per l’emanazione del decreto il giudice di appello lo aveva revocato, senza tuttavia pronunciarsi sulla sussistenza del credito.
La Corte di Cassazione ribalta tuttavia tale decisione ricordando come a seguito della proposizione dell’atto di opposizione si instaura un giudizio che non è meramente finalizzato alla verifica della sussistenza delle condizioni per l’emanazione del decreto ingiuntivo. A seguito dell’opposizione si apre invece una fase processuale che ha ad oggetto la verifica della esistenza del credito stesso, in cui il creditore, nella sua veste di convenuto formale, mira ad ottenere tutela del proprio diritto inizialmente azionato secondo il rito del procedimento monitorio.
Proprio tale circostanza, ossia che l’esito del giudizio di opposizione deve vertere sull’accoglimento o meno della pretesa del creditore, e non sulla verifica delle condizioni di ammissibilità del procedimento monitorio, ha portato la Corte di Cassazione a ribadire il proprio orientamento secondo cui “L'opposizione al decreto ingiuntivo da luogo ad un ordinario giudizio di cognizione nel quale il giudice deve accertare la fondatezza delle pretese fatte valere dall'ingiungente opposto - che ha la posizione sostanziale dell'attore - e delle eccezioni e delle difese dell'opponente - che assume posizione sostanziale di convenuto - e non già stabilire - salvo che ai fini dell'esecuzione provvisoria o dell'incidenza delle spese della fase monitoria - se l'ingiunzione sia stata, o non, legittimamente emessa”.
Nel caso di specie, dunque, la Corte ha cassato la pronuncia con rinvio al giudice di secondo grado affinché, a seguito dell’accertata nullità delle clausole concernenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal correntista (che non travolge l'intero credito azionato dalla banca in via monitoria, bensì la sola parte di esso riguardante gli interessi calcolati in base a dette clausole), il giudice di merito provveda ad un nuovo calcolo degli interessi dovuti, senza applicare tale capitalizzazione.
(Da Altalex del 19.3.2012. Nota di Riccardo Bianchini)