Pubblichiamo il testo della mozione con la quale il Congresso Nazionale Forense Straordinario di Milano (23-24 marzo 2012) si è espresso in materia di mediazione civile, auspicando un referendum per abrogarne l'obbligatorietà prevista dall'art. 5 del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 (da Altalex del 31.3.2012).
CONGRESSO STRAORDINARIO FORENSE MILANO 23-24 MARZO 2012
L'Assemblea dei delegati del Distretto della Corte d'Appello di Napoli, Congresso Nazionale Forense Straordinario di Milano del 23-24 marzo 2012, sul tema "I DIRITTI NON SONO MERCE, nella seduta del tenutasi in Napoli Castelcapuano addì 13 marzo 2012, ha deliberato quanto segue.
I recenti interventi legislativi sull'accesso alla giurisdizione e sugli ordini professionali confermano un inaccettabile regime di compressione del diritto del cittadino all'accesso alla giustizia ed alla garanzia di una difesa autonoma ed indipendente dai poteri economici, oltre che una distorta concezione dell'esercizio della professione forense, interventi tutti che risultano in violazione dei valori fondanti della. "Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali", della Costituzione italiana e dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia e dal Parlamento dell'Unione Europea.
In ordine alle indicate violazione l'Avvocatura dei Distretti delle Corti di Appello di Napoli e Salerno, confermando le proteste già avanzate nelle sedi competenti, sottopone all'Assemblea del Congresso Nazionale Forense Straordinario la mozione che segue.
I - Riforma della giustizia e tutela dei diritti del cittadino.
II diritto del cittadino all'accesso alla giurisdizione (art. 24 Cost.), già penalizzato dalle note carenze strutturali del sistema giustizia in Italia e dalla irragionevole durata del processo, è stato e risulta essere ulteriormente compresso dagli ultimi interventi legislativi sul processo civile ed amministrativo, tutti caratterizzati dalla mancanza di un disegno programmatico complessivo, ma nel contempo sempre finalizzati ad una vera e propria disincentivazione dell'utilizzo del processo, operata, peraltro, in danno dei soggetti economicamente più deboli.
Tanto è avvenuto e tutt' oggi si riscontra:
Nell'aumento esponenziale dell'importo del contributo unificato (cioè della Tassa per la domanda di giustizia) nel processo civile ed amministrativo previsto dal DL n. 98/2011 e con la estensione del contributo unificato a materie tradizionalmente escluse, come il lavoro e la famiglia; contributo unificato che è stato poi ulteriormente aumentato dal D.L 138/2011 e dalla Legge n. 183/2012.
Nella situazione in cui tutt'oggi versa il patrocinio a spese di giustizia a carico dello Stato, atteso che il limite di reddito € 10,628,00, oggi previsto per l'acceso alla procedura, rimane del tutto insufficiente anche per redditi di poco superiori, con la conseguenza che gli esponenziali aumenti del contributo unificato rimangono comunque e sempre a carico di parti economicamente deboli; situazione che rimane ulteriormente compromessa dalla cronica carenza dei fondi per il pagamento delle spese e competenze professionali, con la conseguenza che l'onere della difesa finisce col gravare unicamente sugli avvocati, così rendendo ancora più gravoso il mandato difensivo.
Nell'abrogazione delle tariffe professionali, senza tenere conto della specificità del sistema tariffario per la professione forense, atteso che detto sistema, oltre ad essere una garanzia di indipendenza dell'avvocato e di qualità in tutte le prestazione giudiziarie e stragiudiziali, sase" in particolare un necessario strumento per la regolamentazione delle spese di giustizia nel processo civile, amministrativo e penale nell'attività stragiudiziale; l'abrogazione ha quindi provocato un vuoto normativo: / a - nel processo con danni per le parti, ed ai quali si é in parte ovviato con i recenti interventi di supplenza dell'Autorità Giudiziaria che ha imposto di continuare ad utilizzare le abrogate tariffe negli atti e provvedimenti giurisdizionali; b - nel'attività di consulenza dove la mancanza di patti espressi sugli onorari e spese nei procedimenti in corso, ha causato e causa incertezze tra le parti, con possibili liti giudiziarie sulla determinazione dei compensi dovuti al professionista forense.
Nelle norme finalizzate allo snellimento ed alla riduzione dei tempi della giustizia civile, le quali:
a- risultano ispirate da un inaccettabile spirito punitivo, come è avvenuto con la prevista "multa" (fino ad € 10.000,00) nel caso di rigetto di richiesta di inibitoria della sentenza di prime cure;
b- calpestano i più fondamentali principi di civiltà giuridica, come è avvenuto con l'abrogazione dell'art. 183, comma 8°, c.p.c, che stabilisce il diritto delle parti alla controprova in caso di disposizione di prova da parte del Giudice.
Nelle modifiche delle circoscrizioni dei Tribunali, a cui il Governo intende dare esecuzione, peraltro in chiara disapplicazione della legge delega sulla revisione della geografìa giudiziaria, e nella riduzione delle sedi dei Giudici di Pace, alla quale il Governo intende dare attuazione con un disegno di legge delega nel quale è prevista la soppressione di n. 674 sedi di Giudici di Pace e di oltre 1100 posti di organico.
Provvedimenti tutti che il Governo si propone di attuare considerando solo la mera riduzione dei costi e senza tenere conto che la pretesa di accorpare in un unico Ufficio le funzioni in precedenza svolte in più sedi sconta:
- un'inevitabile paralisi dell'attività giudiziaria per l'impossibilità di trovare strutture idonee allo scopo;
- comporta maggiori oneri di spesa per l'Ufficio accorpante;
- rende sempre più arduo l'accesso del cittadino alla tutela giudiziaria.
Nell'entrata in vigore della mediazione obbligatoria anche per le controversie sulla responsabilità civile auto e le liti condominiali, in ordine alla quali ancora si evidenzia che il Governo ha disatteso le istanze dell' Avvocatura finalizzate ad un rinvio, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale sulle ordinanze di rimessione per incostituzionalità del D.lgs n 28/2011: rinvio reso ancora più necessario per l'ulteriore grave impatto che l'obbligatorio tentativo di mediazione per le indicate categorie di liti, avrà sul diritto del cittadino all'accesso alla giustizia, atteso: a - il dilatare dei tempi per l'acceso alla giustizia;
b - gli inaccettabili costi imposti dagli organismi di mediazione anche alla parte chiamata alla procedura;
c - gli scarsi risultati raggiunti sulle liti conciliate nel corsi dell'anno in cui è entrata in vigore la obbligatorietà della mediazione, con le conseguente inutilità della dilatazione dei tempi d accesso alla giustizia e dell'aumento dei costi, questi ultimi solo ed esclusivo vantaggio degl organismi privati di mediazione.
L'Avvocatura italiana chiede pertanto:
1 - Un mutamento di rotta nella politica degli interventi normativi nel
processo civile ed amministrativo, oggi unicamente indirizzata a scoraggiare,
se non addirittura ad impedire l'accesso del cittadino alla giurisdizione, con
interventi concreti che consentano: r
a — la riduzione degli importi del contributo unificato e comunque la destinazione dei proventi ad esclusivo miglioramento del complesso del "servizio giustizia";
b - il superamento della cronica carenza dei fondi destinati al patrocinio della spese di giustizia a carico dello Stato;
2 - Interventi sulle circoscrizioni dei Tribunali e dei Giudici di Pace che tengano conto, oltre della riduzione dei costi anche della primaria necessità di individuare strutture idonee allo scopo e delle perdite causate alle economie locali, sempre previa consultazione con l'Avvocatura e delle rappresentanze politiche e sociali dei territori interessati dagli interventi di riforma.
3 - Una presa di coscienza che la "mediazione" è stata illegittimamente introdotta in via obbligatoria nell'ordinamento italiano per controversie su diritti che nulla hanno a che vedere con i diritti a contenuto economico che la Direttiva Europea sulla mediazione indicava, con la conseguente rivisitazione e modifica della normativa del D.lgs. n. 28/2010 che tenga conto delle istanze dell'Avvocatura e provveda:
a - alla eliminazione dell'obbligatorietà della mediazione;
b - all'adeguando della mediazione al modello di ADR che l'esperienza europea evidenzia e che tenga nel debito conto che le controversie si possono mediare e. quindi, anche conciliare con il contributo, sempre determinante, dell'avvocato.
4 - Propone un referendum popolare per l'abrogazione dell'obbligatorietà della mediazione prevista nell'art. 5 del D.Lgs. N. 28/2010.