Cass. Civ. sez. I, sent. 2.2.2012 n° 1523
L'immobile destinato all'impresa dopo il matrimonio cade in comunione dei beni, ma altrettanto non può dirsi in merito a quello destinato all'esercizio della professione. E' quanto ha stabilito la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 2 febbraio 2012, n. 1523.
Ai sensi dell'art. 179 c.c., non cadono in comunione, tra gli altri, i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione. il successivo comma 2 precisa che l'acquisto dei bani immobili o mobili, di cui all'art. 2683 c.c., effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto al quale abbia partecipato anche l'altro coniuge.
In relazione alla natura giuridica ed ai limiti di efficacia della dichiarazione del coniuge non acquirente, partecipe all'atto di compravendita, secondo la giurisprudenza di legittimità, essa si atteggia diversamente a seconda che la personalità del bene dipenda dal pagamento del prezzo con i proventi del trasferimento di beni personali, o dalla destinazione del bene all'esercizio della professione dell'acquirente. Nel primo caso la dichiarazione del coniuge non acquirente assume natura ricognitiva della natura personale e portata confessoria dei presupposti di fatto già esistenti, nel secondo - che è quello pertinente nel caso di specie - esprime la mera condivisione dell'intento altrui (Cass., sez. unite, sentenza 28 ottobre 2009, n. 22755).
Ne consegue che la successiva azione di accertamento della comunione legale sul bene acquistato implica, sempre secondo detto orientamento, solo la prova dell'effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità dell'intento manifestato.
Si tratta quindi di un accertamento, in punto di fatto, dell'effettiva strumentalità dell'immobile alla professione o all'esercizio dell'impresa costituita dopo il matrimonio da uno dei coniugi. Con l'ulteriore corollario che in quest'ultimo caso i beni, inclusi quelli immobili, fanno parte della comunione legale se e nei limiti in cui sussistano alla data del suo scioglimento. L'esclusione definitiva dalla comunione di immobili e mobili registrati, alle condizioni previste dall'art.179, comma 2, c.c., riguarda, infatti, solo i beni destinati all'esercizio della professione (art. 179, comma 1, lettera d); e non pure i beni destinati ad un'impresa costituita dopo il matrimonio.
Secondo il giudice nomofilattico, la partecipazione del coniuge all'atto pubblico di compravendita stipulato dall'altro non ne fa una parte contrattuale in senso proprio, essendo il suo intervento finalizzato solo ad escludere dalla comunione il bene acquistato, mediante una dichiarazione priva di natura negoziale, in quanto non manifestazione di volontà bensì dichiarazione di scienza. In questo senso, resterebbero irrilevanti, ai fini della validità dell'intero contratto, eventuali incapacità o stati soggettivi, alterati o patologici, suoi propri.
(Da Altalex del 13.2.2012. Nota di Simone Marani)