Pagherà molto cara la falsa dichiarazione sulle sue condizioni lavorative il professionista che tace la titolarità di una borsa di studio universitaria all'Ordine di appartenenza incaricato dalla Regione di raccogliere le domande per il conferimento di un incarico in base a graduatorie: risulta infatti confermata la condanna ex articolo 495 Cp a venti giorni di reclusione, nonostante dopo la sentenza di appello sia maturato il termine di prescrizione del reato. È quanto emerge da una sentenza pubblicata il 12 ottobre 2011 dalla quinta sezione penale della Cassazione che dichiara inammissibile il ricorso di un veterinario sardo.
Gara falsata
L'ente territoriale incarica il Consiglio dell'Ordine di raccogliere le domande degli aspiranti addetti alle vaccinazioni contro un'epidemia che colpisce gli ovini. La professionista partecipa al bando ma tace l'emolumento riconosciutole dall'Università per la frequenza del corso di dottorato: così facendo si rende responsabile di false dichiarazioni sulle sue qualità professionali, fattispecie punita dall'articolo 495 Cp. Inutile eccepire che l'Ordine non sarebbe un pubblico ufficiale, mentre il curriculum "truccato" sarebbe compreso pur sempre in una scrittura privata, come la domanda di partecipazione al bando, e non in un atto pubblico: va considerato pubblico ufficiale qualsiasi soggetto che con la sua attività contribuisca alla formazione della volontà dello Stato, al di là del rapporto di dipendenza o meno con la pubblica amministrazione. E l'organismo professionale, in questo caso, è espressamente incaricato dall'assessorato regionale a compiere l'istruttoria delle domande in base alla quale risulta poi stilata dall'ente territoriale la graduatoria per l'attribuzione dell'incarico. Insomma: la professionista omette la disponibilità della borsa di studio sapendola incompatibile con l'incarico e, dunque, "falsa" la competizione. L'inammissibilità del ricorso per cassazione impedisce di dichiarare le cause di non punibilità ex articolo 129 Cpp, compreso il decorso del termine di prescrizione del reato: non resta che pagare 500 euro alla cassa delle ammende.
Dario Ferrara (da cassazione.net)