venerdì 1 ottobre 2010

No a progetti di business in danno degli avvocati e dei cittadini


Il Direttivo dell'ANF scrive agli Avvocati
da Mondoprofessionisti dell’1.10.2010

 “Vogliamo una riforma della professione forense moderna e al passo con i tempi, vogliamo che gli avvocati abbiano il diritto di esprimere il loro punto di vista e non siano,invece, commissariati da organi scaduti o da associazioni già pronte a sfruttare economicamente il business della specializzazione”. La riforma della professione forense, impantanata da mesi in Senato, nonostante tutte le assicurazioni del Ministro e della maggioranza, rappresenta un obiettivo fondamentale per l’avvocatura. Deve essere discussa e approvata rapidamente per garantire a tutti gli avvocati, ma soprattutto ai giovani che più di altri patiscono l’attuale inadeguatezza della disciplina, regole certe, moderne, al passo con i tempi. Ad ANF interessa portare a casa tutta la riforma, e non solo questo o quel pezzo che, da soli, non sarebbero in grado di consentire quel salto di qualità di cui tutti sentiamo il bisogno. Per essere chiari, l’introduzione delle specializzazioni è un passo importante, un momento di crescita per l’avvocatura, ma deve avvenire rispettando il contesto economico e sociale nel quale il nostro Paese si muove: serve una legge, così come è accaduto nel resto dell'Europa, e non è possibile sostituirla surrettiziamente con un regolamento di dubbia legittimità, soprattutto se approvato da un organismo già da tempo a fine mandato e già rinnovato quasi per il 50%. Per l'insediamento del nuovo Consiglio Nazionale, infatti, si attende solo il decreto di nomina del Ministero della Giustizia. Si tratta peraltro di una questione delicata, che incide direttamente sulla vita professionale dei 240.000 avvocati iscritti negli Albi, intorno alla quale possono svilupparsi consistenti interessi economici ed è bene, quindi, che le regole siano molto rigorose e soprattutto condivise, quanto meno da ampi settori dell'avvocatura. Abbiamo già denunciato nei giorni scorsi la poco comprensibile accelerazione del Consiglio nazionale forense sul Regolamento per le specializzazioni, dando così la netta sensazione di abbandonare la battaglia per la riforma della professione (non dimentichiamo che uno dei pochi articoli già discussi in Senato è l'art.8, ovvero quello che regola il conseguimento del titolo di specialista). Ma abbiamo anche denunciato come questo regolamento sia stato varato mostrando totale indifferenza nei confronti delle molte critiche espresse, stavolta in misura preponderante dagli ordini circondariali che, per larga parte, avevano chiesto quanto meno una pausa di riflessione e di approfondimento. E d'altronde è la sola Unione delle Camere penali che oggi si scaglia in modo scomposto contro chi segnala la inadeguatezza delle regole approvate, e il cui principale contributo al dibattito in questi mesi è stata la costituzione di una società commerciale, la Gnosis Forense s.r.l., società quindi con scopo di lucro, costituita con altre tre associazioni specialistiche, evidentemente per utilizzare al meglio, diciamo così, le opportunità offerte dal regolamento approvato, se è vero che l'oggetto sociale è, tra l'altro, "la gestione delle attività e dei servizi necessari alla realizzazione e al funzionamento delle scuole di alta formazione per la specializzazione Professionale". È triste dover constatare che una associazione forense prestigiosa come l'UCPI, che tante battaglie ha combattuto in nome di un'avvocatura libera, autonoma ed indipendente, dopo avere per anni rifiutato sdegnosamente il confronto con le altre componenti dell'avvocatura - istituzionali, politiche ed associative - all'interno dell'unica sede legittima, il Congresso Nazionale Forense, rientri opportunisticamente nel dibattito proprio quando vi sono rilevanti interessi economici da tutelare. Bollando, per mancanza di abitudine al confronto democratico, tutte le opinioni diverse o dissenzienti come faziose ed eversive. Ci piacerebbe che le Camere Penali ci spiegassero quale è il loro concetto di "democrazia": forse accordi verticistici che prescindono accuratamente da consultazioni allargate, magari alla base della categoria, la vera destinataria della regolamentazione appena approvata? Dopo il trionfante annuncio dato alla stampa 4 giorni fa, siamo ancora in attesa di conoscere il testo ufficiale del regolamento varato, del quale, nel momento in cui scriviamo, non v'è traccia nemmeno sul sito istituzionale del CNF. V'è traccia, invece, del XXX Congresso Nazionale Forense che si terrà a fine novembre, nel quale si discuterà di diritti umani e di altri massimi sistemi, ma che nulla sembra chiamato a decidere su quanto effettivamente e direttamente inciderà sull'attività di tutti noi avvocati. Questo modo di procedere è una presa in giro che gli avvocati, già duramente provati da una politica della giustizia che mortifica fortemente il loro ruolo storico di difensori dei diritti e dei deboli , non meritano. Come non meritano vertici concentrati su altro e per questo incuranti di una base che, oggi più che mai, è prossima al punto di non ritorno; che ogni giorno di più si vede costretta ad affrontare, in perfetta solitudine, tutti gli ostacoli che il particolare momento, sia politico che economico, le riserva. Assolutamente consapevole, però, e questo deve essere ben chiaro a tutti, che le sciagurate scelte legislative degli ultimi anni sono passate indisturbate sulla testa di tutti gli avvocati, senza che alcuno abbia saputo effettivamente ed efficacemente portare avanti le nostre fondate ragioni. Una parte importante dell'intervento del premier di questa mattina ci tocca molto da vicino: quale è il progetto del Ministro sull'attuazione della delega sulla unificazione dei riti? Che cosa proporrà per lo smaltimento dell'arretrato e per la riforma della magistratura onoraria? Che cosa intende quando afferma che destinerà più risorse al comparto giustizia? Come pensa di intervenire per rendere ragionevole la durata dei processi? A queste, e a tante altre domande, dovrebbero essere capaci di rispondere coloro che si presentano nelle stanze della politica e parlano in nome dei 240.000 avvocati italiani. Ma queste, e tante altre domande, sono rimaste finora senza risposta. E chissà se mai ne avranno una! Anf continua a credere che le specializzazioni siano un’opportunità di crescita per tutta l’avvocatura nell’interesse dei cittadini, e non un’opportunità di business a danno di migliaia di avvocati e milioni di cittadini. Il Congresso Nazionale Forense ormai alle porte è un'occasione storica: cerchiamo di non sprecarla!