Fisco e tributi: praticanti avvocati esenti anche se dotati di partita IVA
I giudici della Cassazione, con la sentenza 21 settembre 2010, n. 19951, “salvano” i praticanti avvocato dagli accertamenti induttivi delle Entrate, precisando che “gli standard per gli studi di settore, potranno essere utilizzati dal fisco per l’accertamento del reddito solamente dopo l’esame di Stato per l’abilitazione”.
Con la sentenza in commento la Corte, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione tributaria, stabilisce che “è palesemente illogico ritenere che sia sufficiente l'apertura della partita Iva, perché siano assicurati clienti, ricavi e redditi", dal momento che l'attività di gestione dello studio inizia con il raggiungimento del titolo professionale preliminarmente necessario”.
I giudici della V sezione hanno chiarito che “l'applicazione dei parametri per l'accertamento dei redditi è prevista dalla legge come presunzioni semplici (cfr. anche Cass. sez. un. 26635/2009).
L’attività del praticante legale non può essere equiparata a quella del procuratore legale; né può essere ignorata l’inerzia tipica della fase iniziale dell’attività professionale legale.
Questo in quanto “la flessibilità degli strumenti presuntivi trova il proprio fondamento nell'art. 53 della Costituzione, non potendosi ammettere che il reddito venga determinato in maniera automatica, a prescindere da quella che è la capacità contributiva del soggetto sottoposto a verifica”.
(Nota di Manuela Rinaldi da Altalex del 5.10.2010)