Incostituzionali premio di maggioranza
e mancanza di preferenze
La
Corte Costituzionale
ha bocciato il porcellum in tutti e due i punti sottoposti al vaglio di
costituzionalità: ovvero il premio di maggioranza e la mancanza delle
preferenze. La Consulta
- si legge in una nota - ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle
norme della legge n. 270/2005 che prevedono l'assegnazione di un premio di
maggioranza - sia per la Camera
dei Deputati che per il Senato della Repubblica - alla lista o alla coalizione
di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano
conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi
assegnati a ciascuna Regione. La
Corte ha altresì dichiarato l'illegittimità costituzionale
delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali
"bloccate", nella parte in cui non consentono all'elettore di
esprimere una preferenza.
La
prossima settimana le motivazioni - "Resta fermo che il Parlamento può sempre
approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel
rispetto dei principi costituzionali", chiarisce la Corte. Le motivazioni
del pronunciamento della Consulta che ha bocciato il Porcellum comunque
"saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo
nelle prossime settimane e dalla quale dipende la decorrenza dei relativi
effetti giuridici". L'efficacia della sentenza della Corte Costituzionale
sulla legge elettorale decorrerà cioè dal momento in cui le motivazioni saranno
pubblicate.
Buemi:
"Esiste un giudice a Berlino" - Secondo il senatore socialista Enrico
Buemi, Capogruppo Psi in Commissione Giustizia "la Corte Costituzionale
boccia il Porcellum. Ottimo, esiste un giudice a Berlino. La legge elettorale
rientra nei limiti della Costituzione".
La
pronuncia della Consulta era molto attesa, e in mattinata si erano pronunciati
molti giuristi.
Col
Porcellum cittadini come mandrie da voto - "La legge Calderoli aveva come
scopo quello di distruggere la Costituzione. I cittadini elettori vengono
ridotti a mandrie da voto", ha detto l'avvocato Claudio Tani che
rappresenta i cittadini che hanno fatto ricorso contro il Porcellum. "La
politica - ha aggiunto - non può pensare di fare in materia elettorale ciò che
le pare perché c'è la
Costituzione che indica la strada e ci sono gli organi di
garanzia come la Consulta".
Sotto
accusa premio di maggioranza e liste bloccate - Al centro dei rilievi degli
avvocati accusatori, il premio di maggioranza alla Camera e l'esclusione delle
preferenze. "I partiti - ha aggiunto Tani- devono fare liste di candidati
e non di già eletti, è l'elettore che deve incidere sulla composizione delle
Camere altrimenti c'è una violazione dell'articolo 49", inoltre quanto al
premio di maggioranza " abbiamo visto il clamoroso fallimento della legge
sul profilo della governabilità che non è assicurato dal premio di maggioranza
ma dai partiti". "I cittadini che hanno promosso il ricorso - ha
concluso Tani - non hanno preteso affatto che la Consulta dovesse dire
come doveva essere la legge elettorale, nessuno di noi si è mai posto il
problema di riscrivere la legge, provocando una lesione di altri poteri e
organi".
Nel
2009 ricorso avvocato Bozzi - L'approdo in Consulta della legge elettorale ha
alle spalle una vicenda giudiziaria di ricorsi e bocciature, alla cui base c'è
la testardaggine dell’avvocato 79enne, Aldo Bozzi, che ha deciso di non
arrendersi e di non girarsi dall'altra parte. Nel novembre 2009, in qualità di
cittadino elettore Bozzi cita in giudizio la Presidenza del
Consiglio e il ministero dell'Interno davanti al Tribunale di Milano,
sostenendo che nelle elezioni politiche svoltesi dopo l'entrata in vigore della
legge 270/2005, il cosiddetto Porcellum, e nello specifico nelle elezioni del
2006 e del 2008, il suo diritto di voto era stato leso, perché non si era
svolto secondo le modalità fissate alla Costituzione - ossia voto
"personale ed eguale, libero e segreto (art. 48) e "a suffragio
universale e diretto".
I
capi d’accusa - Liste bloccate, premio di maggioranza senza soglia minima,
inserimento nella lista elettorale del nome del capo di ciascuna lista o
coalizione, gli aspetti contestati. Il primo, per garantire l'espressione del
voto personale e diretto deve essere data all'elettore, secondo Bozzi, la
possibilità di esprimere la propria preferenza a singoli candidati. La seconda,
perché attribuisce un premio di maggioranza senza agganciarlo a un numero
minimo di voti, e in questo modo violerebbe il principio di uguaglianza del
voto. La terza, perché l'indicazione sulla scheda del capo del partito o
coalizione, possibile futuro premier, limiterebbe l'autonomia del Capo dello
Stato nella scelta del presidente del Consiglio.
(Da tiscali.it del
4.12.2013)