di Maurizio Villani e
Iolanda Pansardi
La
cancellazione della società dal Registro delle imprese ne causa l'estinzione,
per cui l'accertamento o altro atto impositivo notificato e intestato alla
società è da considerarsi inesistente, in quanto privo del soggetto nei cui
confronti avanzare la pretesa.
Al
riguardo, è stato sancito che:
in virtù della riforma del diritto
societario, i creditori insoddisfatti, ivi compreso, quindi, l'ufficio,
possono agire solo nei confronti dei soci o dei liquidatori, con la
precisazione che questi ultimi risponderanno solo se ne risulti acclarata la
loro responsabilità (C.T. Prov. Lucca 20.4.2007 n. 176);
è nullo l'accertamento intestato ad una
società cancellata dal Registro delle imprese, in quanto soggetto
non più esistente (CTR Milano n.
51/19/2013; CTR Milano 5.03.2012 n. 27; CTR Firenze 19.01.2012 n. 3; CTR Milano
15.06.2011 n. 79; C.T. Reg. Torino 1.2.2010 n. 5, C.T. Prov. Treviso
27.9.2010 n. 72 e Cass. 3.12.2011 n. 22863, con riferimento ad una cartella di
pagamento);
è nulla la cartella di pagamento formata in
base ad un ruolo intestato alla società che, antecedentemente all'iscrizione a
ruolo stessa, risultava cancellata dal Registro delle imprese (C.T. Prov.
Torino 15.1.2010 n. 19).
Di
conseguenza, dal momento della sua cancellazione dal Registro delle Imprese, la Società ricorrente è da
ritenersi società estinta, non è più soggetto di diritto ed è priva di
legittimazione sostanziale e processuale.
Infatti,
la cancellazione dal Registro delle Imprese, ai sensi dell'art. 2495, comma 2,
del codice civile, come modificato dalla riforma del diritto societario,
comporta l'estinzione della società, indipendentemente dall'esistenza di
crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti.
Questo
il ripensamento in materia culminato nelle tre pronunce della Cassazione a
Sezioni Unite del 2010 (sentenze nn. 4060, 4061 e 4062) laddove la dottrina e
la giurisprudenza, giungendo a posizione diametralmente opposte, si sono a
lungo confrontate in ordine alla possibilità che una società, una volta
compiuta la liquidazione ed eseguita la sua cancellazione dal Registro delle
imprese, potesse essere ritenuta ancora esistente in base a passività o
attività non considerate dai liquidatori nella fase di liquidazione ed emerse
successivamente alla sua formale cancellazione.
La
Suprema Corte di
Cassazione è, infatti, intervenuta a risolvere un contrasto giurisprudenziale
riguardante le conseguenze giuridiche della cancellazione di una società dal
Registro delle Imprese in particolare a seguito delle modifiche apportate
all’articolo 2495 del codice civile da parte del D. Lgs. n. 6/2003.
Prima
dell’entrata in vigore del D. Lgs. appena citato, l’iscrizione e la
cancellazione di una società dal Registro delle Imprese aveva efficacia di
pubblicità legale delle vicende rilevanti riguardanti le società.
L’orientamento
giurisprudenziale consolidatosi in applicazione dell’articolo 2495 del codice
civile nella formulazione ante riforma si può sintetizzare nell’assunto che non
fosse la semplice formalità della cancellazione ad estinguere una società, ma
che, invece, essa sopravvivesse fino a quando i rapporti giuridici ad essa
facenti capo non avessero trovato soluzione. E di conseguenza la stessa
manteneva la propria capacità giuridica, processuale e sostanziale, nonostante
l’avvenuta iscrizione della cancellazione dal Registro delle Imprese, fino alla
reale cessazione di ogni attività imprenditoriale.
La Corte di Cassazione, prendendo in considerazione le
innovazioni della riforma del codice civile in vigore dal 1° gennaio 2004,
stabilisce che: “ l’art. 2495, comma 2, c.c. come modificato dall’art. 4,
D.Lgs. n. 6 del 2003 è norma innovativa e ultrattiva che disciplina gli effetti
delle cancellazioni delle iscrizioni di società di capitali e cooperative
intervenute anche precedente alla sua entrata in vigore (1° gennaio 2004),
prevedendo a tale data la loro estinzione, in conseguenza dell’indicata
pubblicità e quella contestuale alle iscrizioni delle stesse cancellazioni per
l’avvenire e riconoscendo, come in passato, le azioni dei creditori sociali nei
confronti dei soci, dopo l’entrata in vigore della norma…”.
Si
evince facilmente che la conclusione giurisprudenziale cui è giunta la Suprema Corte
risulta legata all’espressione con cui l’articolo 2495, comma 2, del codice
civile stabilisce che: ”Ferma restando l’estinzione della società, dopo la
cancellazione…..”, norma questa che consente di affermare che la cancellazione
determina l'estinzione della persona giuridica con decorrenza dalla formalità
della pubblicità nel Registro delle Imprese.
La
Suprema Corte
considera operativa la cancellazione di una società anche in presenza di
debiti.
Ciò
in quanto l’interpretazione analogica consente di ricavare dalla disciplina
sullo scioglimento e liquidazione delle società di capitali la previsione
normativa di cui all’articolo 2495, comma 1, del codice civile secondo il
quale: “Approvato il bilancio di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la
cancellazione della società dal Registro delle Imprese”.
In
altri termini, le società si estinguono con la cancellazione dal Registro delle
Imprese e la cancellazione comporta la loro irreversibile estinzione
prescindendo
dai
rapporti giuridici pendenti.
Ne
consegue che in quelle occasioni, il giudice di legittimità è giunto ad
affermare il principio secondo cui la cancellazione della società dal Registro
delle imprese determina l'estinzione dell'ente a prescindere dall'esistenza di
creditori insoddisfatti o di rapporti giuridici ancora da definire.
Con
la recente sentenza, sempre a Sezioni Unite del 12 marzo 2013 n. 6071, lo
stesso giudice di legittimità ha definito il rapporto che si instaura tra
società estinta e soci nonché il destino delle eventuali sopravvenienze attive,
il trattamento dei residui passivi e la disciplina dei rapporti processuali
precisando che i soci subentrano nei rapporti debitori e creditori della
società, ma sono loro (e soltanto loro) «la giusta parte» a cui notificare gli
atti.
(Da diritto.it del
17.12.2013)