Cnf: Il più radicale dissenso sul
disegno di legge delega.
Anai: un governo di saltimbanchi e di
giocolieri
che vuole una giustizia farsa.
Anf: si spara sulla figura
dell'avvocato.
Oua: totale ignoranza dei reali
problemi che investono imprese
Il
mondo forense boccia lo schema di disegno di legge che delega il Governo
all'emanazione di disposizioni riguardanti il processo civile approvato dal
Consiglio dei Ministri. In particolare il Cnf esprime il proprio radicale
dissenso sul provvedimento in generale e la ferma riprovazione per taluni dei
suoi contenuti. Il disegno di legge, il cui studio il Cnf si riserva di
approfondire, si pone in contrasto con l'iniziativa assunta dal Ministro della
Giustizia, non più tardi del giugno di quest'anno, con la costituzione di una
Commissione mista di avvocati, magistrati e professori universitari presieduta
dal professor avvocato Romano Vaccarella, per formulare proposte di interventi
su processo civile e mediazione nell'ambito di un progetto organico volto ad
eliminare le criticità prodotte dagli interventi estemporanei succedutisi negli
anni; nonostante la commissione stesse per sottoporre il suo progetto, il
Ministro ha contraddetto sé stesso facendosi promotore di modifiche nuovamente
estemporanee, scollegate da una visione di insieme, causa di ulteriori
criticità. Lo schema di ddl delega, deliberatamente elaborato ancora una volta
senza tener conto dell'avvocatura in contrasto con l'articolo 35, comma 1,
lett. q) della legge n. 237/2012 (legge di riforma dell’ordinamento forense),
esprime un pregiudizio infondato e sgradevole nei confronti della categoria
degli avvocati visti come causa prima delle lungaggini del processo,
aggiungendo alle norme che hanno sin qui punito la professione con previsioni
di decadenze, inammissibilità, riduzione di compensi, quella sulla solidarietà
del difensore con l'assistito per i casi di condanna ex articolo 96 del codice
di procedura civile (cosiddetta lite temeraria) così ignorando, tra l'altro, un
principio elementare di diritto e di etica che vuole distinto il ruolo del
difensore da quello dell'assistito. Desta sconcerto la previsione per cui il
giudice motiva la sentenza solo se chi lo richiede paga prima un nuovo balzello
pari alla metà del contributo unificato previsto per l'appello. Pur in presenza
di altre norme che, prese isolatamente, possono contribuire a snellire il
processo e l'attuazione della sentenza, è riprovevole il metodo seguito ed il
pregiudizio alimentato nei confronti della categoria la quale si è sempre - ma
inutilmente - dichiarata disponibile all'interlocuzione col Ministero offrendo
la sua collaborazione all'elaborazione di progetti organici di riforma
rifiutando la casualità e l'estemporaneità che invece caratterizzano l'azione
governativa in materia. Duro anche il giudizio dell’Organismo Unitario
dell’Avvocatura. L’Oua nei prossimi giorni renderà pubblico anche un documento
complessivo di analisi e di proposte che verranno inviate al Parlamento. Per
Nicola Marino, presidente Oua, l’intervento del Governo dimostra l’assenza di
una strategia di riforma efficace del processo civile e una totale “ignoranza”
sui reali problemi che investono imprese e cittadini: «È un passo indietro,
sempre nella direzione della rottamazione della nostra giustizia civile. Le
principali misure contenute nel ddl di legge delega sono state “vendute” ai
mezzi di comunicazione come il rimedio alle evidenti lungaggini dei
procedimenti nel nostro Paese, ma in realtà sono una “lista della spesa” infarcita
di norme sbagliate ed inutili come sempre a “costo zero” (come si precisa
nell’ultimo articolo del ddl)». Il presidente dell’Oua quindi, va nel merito
del testo: «Inaccettabile la motivazione a pagamento assolutamente in contrasto
con l’articolo 111 (comma 6) della Costituzione. Così si limita la possibilità
per una vittima di poter ricorrere contro una sentenza sbagliata, se non
pagando ulteriormente per la tutela di un diritto. Giudizio negativo anche per
la previsione del giudice unico in appello per alcune materie e per le cause
pendenti da oltre tre anni: anche in questo caso assistiamo a una maggiore
decisionalità in capo al magistrato e, visto l’enorme arretrato, di fatto
ritorneranno in campo proprio quegli “ausiliari”, oltretutto mai assunti e sui
cui criteri di qualità nel reclutamento vi sono parecchie criticità. Sul
cosiddetto “appello veloce”: si punta sulla riduzione della capacità di
revisione da parte del magistrato, che viene spinto a rifarsi direttamente a
quanto stabilito nel precedente grado senza analisi critica. Inoltre, in questa
visione “kafkiana” del processo, il magistrato può anche decidere se una causa
è “temeraria”, o no. A scapito di un avvocato che si vedrebbe costretto a
pagarne economicamente le conseguenze in solido con il proprio cliente che,
oltretutto, è il titolare del diritto in contestazione. Quindi, un altro enorme
potere di decisione affidato alla discrezionalità o arbitrarietà giudice.
Infine, sinteticamente: negativa la valutazione sugli articoli relativi ai beni
pignorati e alle garanzie mobiliari: il Governo nel comunicato che ha reso
pubblico ha dimenticato di segnalare che per i cittadini-creditori aumenteranno
i costi. Così da essere vittime due volte. Purtroppo – conclude Marino – questo
Governo invece di costruire e definire riforme efficaci per il buon
funzionamento della giustizia, insiste nell’assoluta mancanza di volontà di
dialogo con l’avvocatura, privilegiando la ricerca di titoli ad effetto, non
ultimo “Destinazione Italia”. Dove è finito il processo telematico, per fare
solo un esempio? In questo modo, non solo non saremo in grado attrarre le
imprese straniere, ma faremo scappare anche quelle italiane. Questo nuovo
“processo incivile” è un danno per tutti i cittadini. Ci rivolgiamo al
Parlamento: si intervenga e si modifichi questo provvedimento». Forti perplessità sulle misure varate dal Consiglio
dei Ministri sul processo civile, vengono espresse dal segretario generale
dell’Associazione Nazionale Forense,
Ester Perifano. “Anche il governo
delle larghe intese – dice la
Perifano - spara
sulla figura dell’avvocato, e utilizza il settore dell’amministrazione della
giustizia come il salvadanaio da cui attingere, a spese ovviamente del
cittadino e delle imprese. C’è una cronica e irrefrenabile bulimia legislativa
di ogni governo che si alterna da qualche anno a questa parte sui temi
attinenti la giustizia: questo disegno di legge - continua Perifano - giunge
infatti a poco più di tre mesi dalla reintroduzione della ‘obbligatorietà
temperata’ della media conciliazione quale requisito di ammissibilità del
processo civile in numerose e delicate materie, a poco più di un anno dalla
riforma del giudizio di appello, a poco più di un anno dalla quarta nell’arco
di meno di 10 anni modifica delle regole del ricorso per cassazione, a poco più
di un anno dalla entrata in vigore della riforma del rito del lavoro. La
sensazione di una macchina che giri a vuoto tra gli addetti è netta. E ora –
aggiunge Perifano - dal Governo arrivano altre novità che fanno scuotere la
testa a chi le aule dei tribunali le frequenta quotidianamente: si prospetta
una norma per la ‘sentenza semplificata’ che prevede che il Giudice possa
rimettere alle parti la scelta se richiedere la motivazione estesa ai fini
della impugnazione della sentenza, previo pagamento di una quota del contributo
unificato dovuto per il giudizio successivo, che altro non è che una sorta di
sentenza a pagamento. Si propone poi una norma sulla possibile responsabilità
solidale dell’avvocato nel caso di condanna per lite temeraria. E ancora una
volta si vuole “punire” solo e soltanto gli avvocati, quali responsabili unici
del degrado della giustizia. È una norma ingiustificata, immotivata,
inaccettabile, che macchia irrimediabilmente l’intero provvedimento, perché le
riforme hanno un senso e funzionano se servono per qualcosa, in questo caso per
la tutela dei diritti e del cittadino, non già contro qualcuno. Per il resto
del provvedimento si tratta di proposte di ben poco rilievo, di efficacia
discutibile e di orizzonte limitato e parziale – conclude Perifano. L’Anai,
Associazione Nazionale Avvocati Italiani, accusa il governo di essere “un
governo di saltimbanchi e di giocolieri che vuole una giustizia farsa e un
giudice senza responsabilità. Invece di intervenire sull’organizzazione della
giustizia implementando il processo civile telematico su tutto il territorio –
osserva il presidente Anai, Maurizio de Tilla - invece che incrementare i
giudici ed attrezzare la giustizia con mezzi e risorse, il Governo Letta-Alfano
e, per esso, il Ministero della Giustizia se ne inventa una ogni tre-quattro
mesi. Stavolta attacca frontalmente il processo civile autorizzando i giudici a
depositare sentenze senza alcuna motivazione (che si può chiedere solo a
pagamento), oppure scrivere sentenze con motivazione succinte oppure “di
riporto” con un semplice richiamo alla sentenza di primo grado (senza nulla
aggiungere). Un processo farsa che
agevola il lavoro dei giudici che, dopo un complicato ed estenuante processo,
possono limitarsi a non fare niente se non la stesura di un dispositivo di
poche righe (ad esempio: rigetta la domanda, accoglie la domanda: punto e
basta). Così si premiano i giudici che non hanno voglia di lavorare e che
faranno grande uso delle facoltà di decidere senza addurre argomenti. Un
processo farsa che non esiste nemmeno nei paesi del terzo mondo o dei paesi
retti da una dittatura. Ma vi è di più – aggiunge de Tilla - . Ecco
un’ulteriore trovata del Governo di ristrette intese: il giudice può condannare
l’avvocato a pagare le spese di causa insieme al cliente. Il che può realizzare
una vera e propria azione di rivalsa dei giudici verso gli avvocati esigenti e
non graditi. Demoliti mille uffici giudiziari con un milione di cause pendenti
che non troveranno mai esito, reintrodotta la obbligatorietà della media
conciliazione per un numero sterminato di materie senza alcun risultato
concreto, prosegue con ulteriori interventi il “gioco dell’oca” del Governo che
riesce a realizzare finalmente il suo sogno: spezzare le regole del
contraddittorio e della giustizia conferendo ai giudici un potere immenso senza
responsabilità. Ma se un gioco deve esserci, perché non abolire del tutto il
processo civile e tornare alla prima casella cancellando il diritto dei
cittadini ad agire in giudizio? Non occorre nemmeno modificare l’art. 24. –
conclude de Tilla - Basta appellarsi al Superpotere del Capo dello Stato”. Una
voce fuori dal coro, quella dei giovani avvocati italiani che promuovono il
"Pacchetto carceri" ed esprimono soddisfazione per l'accoglimento
delle richieste formulate sull'affido terapeutico e l'istituzione del Garante
nazionale dei detenuti. Da Aiga arriva però anche un pressante appello ad
abbandonare la logica degli "interventi- ritocco", formulando un piano
di soluzioni strutturali. «Siamo confortati – osserva il Presidente dell’Aiga,
Nicoletta Giorgi - dalla sensibilità mostrata dal Governo per il problema del
sovraffollamento carcerario, ma non è più rinviabile una riforma organica di
tutto il sistema penale, sia sostanziale che processuale. Certamente positiva
appare la rivisitazione degli istituti della liberazione anticipata, che
contempla un aumento dello "sconto" di pena per buona condotta da 45 a 75 giorni per ogni 6 mesi
di detenzione». L’Aiga promuove anche la scelta di un maggiore utilizzo del
braccialetto elettronico: «Uno strumento – commenta Giorgi – oggi esistente
solo sulla carta, che può essere utilizzato solo per chi è agli arresti
domiciliari. La novità, invece, è l'applicazione esterna per l’affidamento in
prova, permessi, lavoro esterno. Riteniamo che l’allargamento del suo utilizzo
anche per le misure alternative alla detenzione vada letta anche come un
incentivo ad adottarla per i magistrati che finora l'hanno applicata poco e che
da ora in avanti avranno l’obbligo di motivare il diniego all’utilizzo
ritenendo il soggetto troppo pericoloso. Anche i correttivi all’istituto
dell’affidamento in prova con l’innalzamento del tetto di pena da scontare da
tre a quattro anni, rappresenta un ulteriore passo avanti nel segno dalla
funzione rieducativa della pena». Sul versante dei tossicodipendenti, sembrano
essere state accolte le sollecitazioni dell’Aiga: il decreto aumenta le
possibilità di affido terapeutico per i detenuti tossicodipendenti per favorire
la cura nelle comunità di recupero anche in caso di recidiva per reati minori
ed arriva il reato di "spaccio lieve" con pene minori da uno a 5 anni
e multe per decongestionare i penitenziari. Infine, accolta una battaglia da
sempre sostenuta dai Giovani Avvocati: l’istituzione del Garante nazionale dei
detenuti, quale organo indipendente preposto a una tutela extra-giudiziale dei
diritti di quanti si trovano ristretti negli istituti penitenziari. Ma sui ddl
in materia civile e penale gli under 45 avvertono: «Non siamo più disponibili a
subire “interventi-ritocco” che non risolvono nulla. Dichiariamo la nostra
piena disponibilità ad elaborare soluzioni di tipo strutturale per interventi
organici di riforma in ambito civile e penale. Chiederemo di essere sentiti in
Commissione Giustizia di Camera e Senato, poiché dinanzi ad una Giustizia al
collasso, non sono più permessi rinvii. In materia civile, siamo assolutamente
contrari alla cosiddetta “motivazione a pagamento” che rappresenta una
ulteriore compressione del diritto di difesa e ci riporta indietro di trecento
anni. Per quanto riguarda il penale, siamo pronti al confronto su temi
centrali, quali il sistema delle misure cautelari, la revisione dei meccanismi
di impugnazione in Cassazione, limitando quelle dei pm nei casi di sentenza
doppia-conforme di assoluzione; la possibilità di arrivare all'archiviazione
per irrilevanza del fatto; il potenziamento dei riti speciali».
Luigi Berliri (da
Mondoprofessionisti del 19.12.2013)