Cass. SS. UU. Civ. sent. n. 4847 del 27.2.2013
Con la pronuncia a Sezioni Unite del 27 febbraio 2013 n. 4847 la Suprema Corte di Cassazione ha definitivamente stabilito che il coniuge superstite ha diritto all'immobile adibito a residenza familiare nonché al godimento dei beni mobili che lo arredano anche in caso di successione legittima.
I giudici di legittimità, dopo rare e spesso divergenti pronunce sulla questione, soppesando le ragioni poste a sostegno delle diverse tesi, hanno deciso di adeguarsi all'intervento chiarificatore della Corte Costituzionale, la quale con l'ordinanza n. 527 del 1988, già si era pronunciata in favore dei diritti del coniuge superstite in caso di successione ereditaria.
Il diritto di abitazione della casa familiare, che per legge sorge a favore del coniuge superstite, ha infatti lo scopo di tutelare interessi non patrimoniali connessi alla sua qualità di erede, quali la conservazione della memoria del coniuge defunto, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e dello standard di vita realizzato durante il matrimonio, risparmiandogli il disagio di dover ricercare una nuova sistemazione e di modificare le proprie abitudini di vita. Per tale ragione la Suprema Corte ha ritenuto di precisare che tale diritto non può e non deve essere concesso solo ed esclusivamente in caso di successione testamentaria, ma altresì qualora, in assenza di un valido testamento, si debba ricorrere alla successione ex lege.
In questi casi il valore capitale dei diritti di abitazione e di uso deve “essere stralciato dall'asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest'ultimo tra tutti i coeredi, secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell'attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al cd. prelegato”.
A tal proposito devesi rilevare che il diritto all'abitazione e al godimento dei beni mobili che l'arredano deve essere riconosciuto solo ed esclusivamente a quel immobile che ha costituito il centro di aggregazione della famiglia e presso il quale era stata fissata la residenza familiare, con esclusione di ogni altro immobile di proprietà dei coniugi utilizzato in via temporanea e/o sussidiaria come ad esempio un immobile adibito a casa di villeggiatura. La casa familiare va identificata facendo riferimento a criteri di stabilità e inalterabilità nel tempo, ne consegue che non può esservi assegnazione del diritto di abitazione in relazione a un appartamento utilizzato solo successivamente alla scomparsa del coniuge.
Per quanto concerne invece il diritto di godimento ed uso dei beni che lo arredano si deve prendere atto che questo deve ricomprendere non solo i veri e propri arredi, ai quali il coniuge superstite è legato anche da un vincolo affettivo, ma altresì alle utenze di cui è dotato l'immobile, gli elettrodomestici, i servizi nonché le pertinenze, quali soffitte, posti auto e/o cantine.
Alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite si può pertanto affermare pacificamente che il diritto del coniuge superstite non incontra alcun limite, anche qualora si apra una successione legittima. Tuttavia occorre precisare che il precitato diritto all'abitazione della casa familiare nonché il diritto al godimento del relativo mobilio, sorge solo qualora l'immobile risulti essere di proprietà del coniuge defunto o in comunione tra lui e il coniuge superstite, con la conseguenza che tali diritti non possono e non devono essere riconosciuti nel caso in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto e un terzo o l'immobile sia gravato da usufrutto.
Francesca Vecchiato (da overlex.com)