Sì alla convenzione con il privato, no al riferimento a tariffe scontate all'atto di dimettere il paziente
Due mesi di stop al medico ospedaliero: ha permesso che in reparto si facesse promozione al centro sanitario di cui è socia la moglie. E la pubblicità, con tanto di tariffe scontate, fa bella mostra di sé addirittura sulle schede di dimissione dei pazienti che, congedati dalla struttura pubblica, sono così indirizzati al laboratorio privato. Legittima la sanzione disciplinare, nonostante che fra l'azienda ospedaliera e la società che gestisce il centro fosse stata stipulata una regolare convenzione per permettere alla seconda di offrire agli ammalati le prestazioni che la prima non è in grado di svolgere adeguatamente. È quanto emerge dalla sentenza n. 5117 del 3 marzo 2011, emessa dalla terza sezione civile della Cassazione.
Piani divergenti
Sbaglia il sanitario incolpato a sostenere che il giudice della deontologia nell'irrogare la sanzione disciplinare avrebbe in qualche modo sindacato l'attività amministrativa dal momento vista l'esistenza della convenzione ospedale-centro privato (fra l'altro stipulata senza procedura di pubblica evidenza: ma di questo risponderà il direttore sanitario). Il fatto è che titolari di quote della società "incriminata" sono sua moglie e la consorte di un altro medico che lavora nello stesso reparto. E il comportamento del professionista può ben rivelarsi rilevante dal punto di vista disciplinare anche se s'inserisce nell'ambito di un'attività, sua o di altri, che risulti perfettamente legittima sotto il profilo amministrativo: i due piani, infatti, sono divergenti perché distinte sono le disposizioni applicabili e diversi i valori di riferimento.
Dario Ferrara (da telediritto.it del 4.3.2011)