Nel caso in questione, una praticante ha chiesto al Tribunale di Roma di vedersi riconosciuta l'esistenza di un rapporto di lavoro avente natura subordinata e non di praticantato sulla base della mancanza del certificato attestante l'ammissione alla pratica.
Il Tribunale e successivamente la Corte di Appello hanno inquadrato la presunta praticante come lavoratore subordinato nel CCNL Studi professionali, condannando lo Studio Legale al conseguente pagamento alla stessa delle differenze retributive.
Avverso tale decisione il titolare dello studio ha presentato ricorso in Cassazione.
Rigettando il ricorso del professionista, gli Ermellini hanno avallato le tesi dei giudici di appello, i quali rilevano la sussistenza delle principali caratteristiche della subordinazione e, nello specifico, della sottoposizione della presunta praticante al potere organizzativo e gerarchico del professionista.
(Da avvocati.it dell’1.3.2011)