L’avvocatura è “preoccupata” per la mediazione, per la quale il Cnf chiede “un intervento legislativo urgente che riporti la disciplina e il sistema complessivo nell’alveo delle garanzie costituzionali”, per il progetto di esaurimento dei procedimenti civili pendenti, per la situazione conseguente alla crisi economica e per il clima di “aperta ostilità che oggi più che mai la circonda”. Una situazione che impone alla sue istituzioni rappresentative di “moltiplicare l’impegno nella difesa dei diritti degli avvocati”. Ed anche a questo impegno che corrisponde la scelta di celebrare il 2011 come Anno dell’avvocatura, in concomitanza con il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, con una serie di iniziative che prendono l’avvio con la inaugurazione di tre mostre per riflettere sull’impegno dell’avvocatura nella società. Il presidente Guido Alpa esprime con franchezza lo stato d’animo che l’avvocatura sta vivendo in questo momento, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario forense, che si è tenuta oggi a Roma nella sede amministrativa del Consiglio nazionale forense davanti ai rappresentanti del ministero della giustizia e alle cariche istituzionali. “In queste settimane si sono registrati fermenti di contestazione e di critica in molte sedi a causa della entrata in vigore della disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, ma le preoccupazioni dell’Avvocatura non sono concentrate solo su questo segmento della complessiva riforma della giustizia : riguardano anche il progetto di esaurimento dei procedimenti civili pendenti e sono alimentate dalla situazione in cui versano le professioni intellettuali nella persistente fase di crisi economica che si è abbattuta sul Paese, nel ritardo segnato dall’iter di approvazione della riforma della professione forense, nel futuro incerto dei giovani avvocati, nei maggiori oneri resisi necessari per salvaguardare il trattamento pensionistico, nel clima di aperta ostilità che circonda, oggi più che mai, l’ Avvocatura”, ha aperto così la sua relazione, che poi si è snodata nelle varie “dimensioni” in cui vive l’avvocatura. Sul fronte etico-deontologico del rapporto con i clienti, il presidente Alpa ha lanciato un allarme: “l’inconsulto abbandono del regime tariffario e la permissività introdotta dall’abrogazione del divieto di patto di quota lite hanno purtroppo agevolato la commissione di illeciti e reso più difficile il compito degli Ordini di vigilare sul comportamento degli iscritti”.
Riforma forense. Alpa non vuol sentir parlare di corporativismo della categoria, “dimenticando che il numero degli iscritti agli Ordini è di per sé garanzia di concorrenza: l’individualismo proprio di chi difende i diritti impedisce di considerare l’Avvocatura come un’armata compatta di 230.000 unità. Ma il ruolo svolto da ciascuno dei suoi componenti costituisce motivo di preoccupazione e di ostilità da parte di istituzioni, di potentati economici, di altre categorie professionali: nel corso della audizione dinanzi alla Commissione legislativa della Camera dei Deputati ho avuto modo di segnalare l’insistenza con cui si esprimono le critiche o le iniziative ostative (esplicite o sotterranee) di cui è fatta oggetto la nostra categoria specialmente in questo momento; si è criticata la richiesta di ripristino delle tariffe, peraltro nuovamente legittimate ieri dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (C-565/08), e del divieto del patto di quota lite adducendo che la nostra attività è affine alla produzione di beni e servizi, dimenticando che i diritti costituzionalmente garantiti non sono negoziabili, che la loro difesa tecnica richiede un lungo iter formativo e di esperienza pratica, che nessuno, che abbia pure appreso nozioni di diritto, può sostituirsi a coloro che hanno conseguito la laurea in Giurisprudenza, abbiano frequentato le scuole, abbiano effettuato il tirocinio, abbiano superato l’esame di Stato, abbiano conseguito e mantenuto l’iscrizione all’albo forense. Del pari, si è asserito che la pretesa di veder riconosciuta la riserva in materia di consulenza legale è contraria alla disciplina comunitaria, ignorando sia le regole fissate proprio in sede comunitaria dalle direttive sullo svolgimento della professione forense e sullo stabilimento degli avvocati, sia i principi fatti salvi dalle risoluzioni del Parlamento europeo e dalla Corte di Giustizia”. Il presidente dunque difende la riforma della professione forense approdata ora, dopo il voto al senato, alla commissione giustizia della camera e ne chiede “l approvazione sollecita” nonostante essa non abbia accolto “tutte le richieste dell’avvocatura” e in qualche passaggio “è stata mutilata. Ai giovani, ai quali si vuole garantire se non un futuro certo almeno un futuro guidato da regole adeguate, si vorrebbe assicurare una formazione universitaria appropriata, ma selettiva, una pratica effettiva, un avvio professionale soddisfacente. Il progetto approvato dal Senato non costituisce un testo ottimale ma avvia un processo di qualificazione che non può attendere migliori formulazioni, stanti la situazione attuale e le attese ormai ineludibili che si sono accumulate nel corso degli anni”.
Mediazione e altre riforme. “Ribadiamo la necessità di un intervento legislativo urgente che riporti la disciplina e il sistema complessivo nell’alveo delle garanzie costituzionali”, scandisce Alpa. Le incostituzionalità sono nell’obbligatorietà della composizione della lite, nella mancata previsione dell’assistenza dell’avvocato, nei costi aggiuntivi che si impongono a chi vuole accedere alla giustizia, negli ostacoli che si frappongono al cittadino che voglia adire il giudice naturale, nelle sanzioni a cui sono sottoposte le parti e gli avvocati nelle circostanze previste, nella insufficiente qualificazione dei conciliatori, nella sostanziale preventiva allocazione delle cause ad operatori privati.
“Si è preferito coinvolgere competenze diverse da quelle legali, organismi di natura privata, personale avventizio non qualificato, soprattutto ignaro degli aspetti giuridici delle controversie da comporre, sulla base di una nozione errata di conciliazione. Perché così come è stato concepito il sistema si è dato ingresso ad una fase pre-processuale, che del processo ha tutti gli aspetti e che nel processo ordinario susseguente alla mancata definizione porta il suo peso”, evidenzia Alpa che attacca: “E’ facile dire che temiamo la mediazione perché temiamo che essa riduca i nostri redditi, è facile dire che l’alto numero degli avvocati è causa del contenzioso, è facile dire che oggi si può evitare il coinvolgimento degli avvocati, perché le cause sono troppo lunghe e i costi legali troppo alti. E’ un teorema prospettato in modo subdolo e corporativo: la durata delle cause ha ben altre ragioni, la competitività non si misura sui costi legali, le tariffe sono una garanzia, la necessità di conoscere professionalmente il diritto e di avvalersi di professionisti costituiscono il fondamento della difesa dei diritti e della legalità delle operazioni economiche”.
Sul progetto di recupero dell’arretrato “ribadiamo le stesse critiche espresse a proposito del precedente ausiliario del giudice: non è con l’ingresso di alcune centinaia di redattori di sentenze che si può risolvere il problema, né con la motivazione sintetica, né con il tirocinio dei giovani presso gli uffici giudiziari, e tanto meno con la imposizione di ulteriori balzelli. Non sono le modifiche ai testi normativi né i palliativi ad essere risolutori: al Congresso abbiamo presentato le proposte dell’Avvocatura incentrate sull’ ampliamento dell’organico, sulla riforma dei giudici onorari, sul reperimento di ingenti risorse finanziarie, sul completamento del sistema processuale informatico, sulla riorganizzazione degli uffici. Abbiamo sempre offerto collaborazione al Governo e al Parlamento per risolvere insieme questi problemi, e l’Avvocatura vuol assumersi la sua parte”.
La difesa della libertà e autonomia. “Intendiamo favorire ogni intervento che sia destinato a riequilibrare il rapporto tra accusa e difesa e a rafforzare il ruolo del difensore nel processo”, dice Alpa che evidenzia come “l’attività forense è diventata più complessa nel corso degli ultimi decenni, e solo oggi ne avvertiamo tutto il peso: la complessità delle fonti ci impegna a ricondurre ogni questione ad una trama di regole tra loro non perfettamente coordinate, la pluralità di competenze ci richiede di fare scelte rischiose del giudice da adire, l’incertezza del dettato legislativo ci suggerisce di ricercare i significati più ragionevoli ma molto spesso opinabili, la non frequente univocità degli indirizzi giurisprudenziali ci riserva talvolta soluzioni imprevedibili. E ciò che si può rilevare nel diritto interno si riflette anche nel diritto comunitario. Dobbiamo combattere per usare senza errori gli strumenti del mestiere, ma oggi dobbiamo combattere per assicurare l’accesso alla giustizia, per assicurare l’equilibrio dei poteri, per garantire il principio di eguaglianza e per mantenere intatta la nostra libertà. Libertà che si fonda sulla fiducia nel rapporto con il cliente, sul segreto professionale, sulla competenza e sul rispetto da parte di ogni istituzione”. Ma, avverte Alpa. “non c’è libertà là dove la funzione tipica dell’avvocato sia esercitabile da chi non ha la sua formazione culturale, non ha conseguito il titolo legale, non ha l’esperienza propria degli uomini di legge, non è in grado di decifrare la corretta situazione giuridica in cui versa l’assistito. E non c’è autonomia là dove la categoria non sia in grado di autodisciplinarsi: il potere regolamentare, esercitato dal Consiglio in una con gli Ordini forensi e con la consultazione delle Associazioni forensi, è quindi garanzia di libertà: non può essere per intero assorbito dalle competenze del legislatore, né demandato ad atti amministrativi.
Le statistiche. Come di consueto, la relazione annuale fa il punto anche sui dati relativi all’attività giurisdizionale del Consiglio e agli esami forensi.
Quanto alla prima: i procedimenti sopraggiunti nell’anno sono stati 334, con un incremento rispetto all’anno passato (291); quelli relativi a sanzioni deontologiche sono stati 286. Le decisioni pubblicate nel 2010 sono state 215, 92 le sanzioni confermate (nel dettaglio: 15 avvertimento; 26 censura; 46 sospensione esercizio professionale; 9 cancellazione dagli albi; 2 radiazione dagli albi).
Esami forensi. Nella sessione 2010 i presenti agli iscritti sono stati 33mila40. Nella sessione 2009, su 34mila481 presenti agli scritti sono stati ammessi agli orali 13mila485 aspiranti avvocati.
(Da Mondoprofessionisti del 31.3.2011)