La Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 8254 del 2 marzo 2011 ha stabilito che commette omicidio colposo il medico che dimette frettolosamente un malato che muore poco dopo le dimissioni.
Protagonista del caso è un uomo ricoverato a causa di un infarto sottoposto ad angioplastica e dimesso nove giorni dopo il ricovero. Nella stessa notte, l'uomo è colto da un nuovo scompenso cardiaco e viene portato all'ospedale dove arriva in arresto cardiocircolatorio e muore subito dopo.
Il Tribunale condanna il medico che ha firmato le dimissioni a otto mesi di reclusione oltre al risarcimento per danni morali ai famigliari del defunto. Il medico si rivolge alla Corte di Appello di Milano che, riformando la sentenza di primo grado, lo assolve perché il fatto non costituisce reato in quanto il medico ha seguito le linee guida in tema di dimissioni. Avverso tale decisione la Procura di Milano presenta ricorso in Cassazione.
I giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso annullando l'assoluzione dall'accusa di omicidio colposo e ribadendo il concetto che la tutela del diritto alla salute prevale su qualunque principio di economicità.
Se l'uomo non fosse stato dimesso, come da perizia legale, sarebbe tranquillamente sopravvissuto per le rapide cure che avrebbe ricevuto in reparto. Di conseguenza i medici dovrebbero opporsi a un’applicazione meccanica delle linee guida di economicità gestionale che mirano sostanzialmente ad accelerare le dimissioni del paziente.
(Da avvocati.it del 7.3.2011)