Il quesito
La situazione di fatto da cui è scaturita la pronuncia in commento nasce da una decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana adito per l’ottemperanza di un decreto del Presidente della Regione.
Il giudizio di ottemperanza (art. 27, n. 4, r.d. n. 1054 del 1924), ricorda la Corte, consiste nello strumento esecutivo volto ad assicurare l’effettività e la satisfattività della giurisdizione amministrativa, elementi costituzionalmente necessari alla completa attuazione del diritto di difesa. L’esperibilità del giudizio d’ottemperanza è stata collegata, in via esclusiva, alla giurisdizione.
Il ricorrente in Cassazione ha sostenuto al riguardo che l’atto del quale è stata chiesta ed ottenuta l’ottemperanza (decreto del Presidente della Regione Siciliana emesso su ricorso straordinario) ha natura amministrativa e non giurisdizionale, essendo di conseguenza sottratto alla speciale forma di cognizione, quale il giudizio di ottemperanza, attribuita al giudice amministrativo.
Analogia tra ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana e ricorso straordinario al Capo dello Stato
Come detto, la Suprema Corte rileva, innanzitutto, come la disciplina del procedimento decisorio del Presidente della Regione Siciliana reso sul ricorso straordinario sia modellata su quella per il ricorso straordinario al Capo dello Stato; in particolare, illustrano i Giudici in armonia con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’analogia del procedimento sottende una identità di natura e di funzione.
Pertanto, le argomentazioni che possono svolgersi riguardo alla decisione del Capo dello Stato resa sul ricorso straordinario potranno applicarsi, in ragione di tale analogia di natura e funzione, alla decisione del Presidente della Regione Siciliana, la cui disciplina è modellata su quella dettata per il ricorso straordinario al Capo dello Stato.
L’orientamento tradizionale in ordine all’ammissibilità del giudizio di ottemperanza al ricorso straordinario al Capo dello Stato
L’esperibilità del giudizio di ottemperanza è stata collegata, in via esclusiva, alla giurisdizione: solo le sentenze passate in giudicato, difatti, risultano passibili di esecuzione mediante il giudizio di ottemperanza.
Dunque, secondo l’orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, sottolineata la natura di atto amministrativo del decreto reso su ricorso straordinario, il giudizio di ottemperanza con riferimento al ricorso straordinario al Capo dello Stato non sarebbe ammissibile. Pertanto, contro l’eventuale comportamento inerte della pubblica amministrazione sarebbe ammissibile il solo giudizio nei riguardi del silenzio-inadempimento.
Le Sezioni unite, con sentenza n. 15978 del 2001, hanno ribadito tale orientamento, escludendo dunque che i decreti con i quali sono decisi i ricorsi straordinari possano avere natura giurisdizionale, con la conseguenza che questi non potranno essere assimilati alle sentenze passate in giudicato e che, quindi, non risulteranno passibili di esecuzione mediante giudizio di ottemperanza.
L’argomentazione della Corte
A questo punto, i Giudici evidenziano come siano intervenute due importanti novelle legislative che, di fatto, hanno inciso in modo profondo sulle principali considerazioni poste a fondamento del descritto orientamento tradizionale e in base alle quali “la decisione su ricorso straordinario viene configurata come provvedimento che, pur non essendo formalmente giurisdizionale, risulta suscettibile di tutela mediante il giudizio d’ottemperanza”:
- art. 69, l. 18 giugno 2009, n. 69 (recante disposizioni per lo sviluppo economico, la competitività nonché in materia di processo civile);
- artt. 112 e 113 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo).
Le modifiche apportate dall’art. 69 della legge n. 69 del 2009 sono tali da eliminare alcune determinanti differenze del procedimento per il ricorso straordinario rispetto a quello giurisdizionale (il primo comma introduce una norma che prevede che la sezione del Consiglio di Stato, chiamata ad esprimere il parere sul ricorso straordinario, ne sospende l’espressione ed attiva l’incidente di costituzionalità “ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87” se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata; il secondo comma elimina la possibilità che il Ministero, nel formulare la proposta di decreto presidenziale, si discosti dal parere espresso dal Consiglio di Stato, previa sottoposizione della sua proposta al Consiglio dei Ministri, il che conferma che il provvedimento finale, che conclude il procedimento, è meramente dichiarativo di un giudizio).
Pertanto, argomenta la Corte alla luce di tali disposizioni, sebbene il decreto presidenziale non si trasformi in un atto giurisdizionale, viene assimilato a questo nei contenuti, e ciò si riflette nell’esigenza di individuare strumenti di tutela che garantiscano, sotto il profilo della effettività, un rimedio adeguato contro l’inadempimento della p.a.
Quanto alle novità di cui al nuovo Codice del processo amministrativo la Corte osserva che la decisione su ricorso straordinario al Capo dello Stato, resa in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, si colloca nell’ipotesi prevista alla lettera b), secondo comma dell’art. 112, d.lgs. n. 104 del 2010, articolo rubricato “disposizioni generali sul giudizio di ottemperanza” e che il ricorso per l’ottemperanza si propone, ai sensi dell’art. 113, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2010, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale, dunque, si identifica “il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta”.
La pronuncia in commento collega tale nuovo impianto normativo all’esigenza di effettività di tutela avverso l’inadempimento della p.a.: dall’“assimilazione” del rimedio straordinario a quello giurisdizionale, pur nella diversità formale del procedimento e dell’atto conclusivo, discende, infatti, “l’esigenza di assicurare ad entrambi i rimedi una tutela effettiva del tutto simile”, in quanto “una volta che si riconoscano poteri decisori, su determinate controversie, formalmente diversi, ma analoghi, rispetto a quelli della giurisdizione, infrangerebbe la coerenza del sistema una regolamentazione affatto inidonea alla tutela effettiva dei diritti e tale da condurre, in spregio al dettato dell'art. 2 Cost., comma 1, e art. 3 Cost., a creare una tutela debole”.
Pertanto, conclude la Corte, risulta in armonia con tale intentio legis annoverare fra i “provvedimenti” del giudice amministrativo, passibili di ottemperanza, la decisione sul ricorso straordinario, il che, peraltro, risponde anche all’esigenza di dare attuazione ai principi enunciati dalla CEDU e dall’Unione Europea.
La conclusione della Corte
I giudici, pertanto, concludono rilevando che “l’evoluzione del sistema porta dunque a configurare la decisione su ricorso straordinario come provvedimento che, pur non essendo formalmente giurisdizionale, è tuttavia suscettibile di tutela mediante il giudizio d’ottemperanza”, interpretazione che trova piena applicazione anche con riferimento all’analoga decisione resa dal Presidente della Regione Siciliana (e ciò in ragione della summenzionata analogia di natura e funzione tra ricorso straordinario al Capo dello Stato e a Presidente della Regione Siciliana).
Da ciò discende l’applicazione, nella controversia sottoposta all’esame della Corte, della regola secondo cui “il giudizio di ottemperanza è ben ammissibile in relazione al decreto del Presidente della Regione che abbia accolto il ricorso straordinario” ed in base alla quale la Corte ha rigettato il motivo d’impugnazione e respinto il ricorso.
(Da Altalex del 10.3.2011. Nota di Giulio Spina)