Il contribuente sospettato di evasione fiscale può impugnare direttamente la confisca per equivalente sui beni intestati a moglie e figli.
Non solo. La truffa ai danni dello Stato e la frode fiscale non possono concorrere a meno che i reati tributari non siano collegati a un finanziamento illecito.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con le sentenze n. 10580 e
10579 del 7 marzo 2013.
La vicenda riguarda un imprenditore di Padova
accusato di frode fiscale nell'ambito di un'inchiesta concernente l'acquisto di
automobili di importazione.
All'uomo le autorità avevano sequestrato i conti bancari
e dei beni intestati alla moglie e al figlio minore. Contro il provvedimento
lui ha fatto direttamente ricorso al Tribunale delle Libertà ma senza successo.
Ora, la Cassazione
ha ribaltato il verdetto: il contribuente può impugnare direttamente il provvedimento
concernente beni che sono nella sua disponibilità ma che non sono a lui
intestati.
In proposito in sentenza si legge che «il concetto di
disponibilità evincibile dal primo comma dell'articolo 322 ter c.p. esprime un
potere di fatto sul bene che può sussistere prescindendo dalla titolarità della
sua proprietà, cioè da un potere di diritto, in accordo con i principi generali
che scindono la titolarità del diritto dal suo contenuto, riconoscendo che di
quest'ultimo può fruire un soggetto diverso dal titolare del diritto».
Va dunque riconosciuto che la disponibilità può
coesistere con la titolarità in capo ad altri del diritto avente ad oggetto il
bene e che comunque la disponibilità prescinde come potere di fatto dalla
facies formale dei diritti sui beni.
Sul fronte della concorso di reato fra truffa e frode
fiscale la Cassazione
ha ribadito quanto già affermato dalle Sezioni unite della Cassazione con la
sentenza n. 1235 del 2011 che ha escluso tale concorso. Infatti fra i due reati
sussiste un nesso di «specialità» dal momento che qualsiasi condotta
fraudolenta diretta all'evasione fiscale esaurisce il suo disvalore penale
entro il quadro delineato dalla normativa speciale tributaria, lasciando spazio
però al concorso dei reati nel caso in cui dalla condotta criminosa derivi un
profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quali le pubbliche
erogazioni.
Debora Alberici (da cassazione.net)