"Dall’estensione e dai contenuti degli
emendamenti e dalla stessa relazione della Commissione giustizia si può
ricavare quanto sia sbagliato affidarsi ad un decreto legge per qualsiasi
intervento che possa riguardare la giustizia" ha dichiarato il presidente
Anai Maurizio De Tilla. "Oggi, come per il passato, - ha continuato De
Tilla - si ha la riprova di come sia difficile varare norme serie ed
appropriate in tema di giustizia se non dopo un’efficace concertazione con le
rappresentanze dell’avvocatura. Il decreto del Fare contiene provvedimenti che
si qualificano urgenti, ma che saranno deleteri per il buon andamento della
giustizia". Ne è riprova (almeno in parte) lo stesso parere rilasciato
dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. - ha continuato il
presidente Anai - La proposta conciliativa inserita come dovere del giudice nel
corso del processo contrasta con il principio che il giudice non può anticipare
il proprio giudizio nel corso della causa, tanto più che viene previsto che il
rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice costituisce
comportamento valutabile ai fini del giudizio. Allo stesso modo è privo di
qualsiasi logica prevedere che la motivazione della sentenza possa fare
esclusivo riferimento a precedenti conformi o essere formulata sulla base del
mero rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di
causa. Questo, tra l'altro, é in contrasto con quanto si è in precedenza
previsto dal Legislatore stabilendo che l’appello deve essere più articolato e
riferito ai singoli argomenti della motivazione della sentenza che si impugna.
Appare, poi, di nessuna consistenza logica la concentrazione negli uffici
giudiziari d’Italia più intasati, quali sono quelli di Milano, Roma e Napoli,
delle controversie civili nelle quali è parte una società con sede all’estero.
Tanto più che la previsione legislativa è motivata con l’esigenza di snellire i
processi e favorire gll investimenti nel nostro Paese. Il Ministero della
Giustizia insiste inoltre nella media conciliazione obbligatoria che è già
fallita ed ha determinato solo costi e pregiudizi notevoli per i cittadini. Un
istituto che non è presente, con le caratteristiche italiane, in alcun paese
d’Europa". "Ad un fallimento già accertato se ne aggiungerà
sicuramente un altro - ha concluso De Tilla - Ad una pronuncia di
incostituzionalità ne seguirà un’altra. Non si comprende, peraltro, per quale
ragione il Governo Letta intenda accontentare le società private che
sull’istituto della mediaconciliazione hanno investito risorse per lucrare
vantaggi e guadagni, senza alcun beneficio per la giustizia".
(Da Mondoprofessionisti
del 15.7.2013)