Per un giorno si sono anche ammanettati, ma solo simbolicamente per protestare contro la riforma del governo Monti. Venerdì scorso, durante un incontro, nella sala della biblioteca dell’ordine degli avvocati catanesi, alla presenza del presidente dell’ordine Maurizio Magnano di San Lio, del segretario Diego Geraci e del tesoriere Antoni Ciavola, Elena e Claudia Cassella, presidente e tesoriere dell’Aiga di Catania, associazione italiana giovani avvocati, si sono presentate con tanto di manette. Per quale ragione?
“Perché –hanno spiegato- con la riforma di questo governo e il previsto ingresso delle società di capitali negli studi professionali rischia di finire la libertà e l’autonomia che caratterizzano la figura dell’avvocato”. Quindi, niente capitali e impresa, niente “commercializzazione” della professione. Meglio la tradizionale figura del “mastro”, la pratica negli studi e nei tribunali. Sul campo- hanno spiegato le rappresentanti dell’Aiga.
Magari anche con qualche “apertura” di “fette di mercato legale”, ricorrendo a qualche modifica legislativa magari riguardo alle competenze notarili in tema di compravendita.
Ma in generale, è stata una giornata di protesta a Palazzo di Giustizia, in linea con quanto avvenuto nel resto d’Italia per la protesta, oggi e domani, decisa dall’organizzazione unitaria dell’avvocatura. Gli avvocati che hanno partecipato hanno “occupato” simbolicamente il Palazzo: poi l’incontro pubblico. Ed è stato un tourbillon di critiche alla riforma montiana, alla “liberalizzazione selvaggia” che cambierebbe il volto della professione, intervenendo su formazione, tariffe, ingresso di capitali.
Una “bocciatura” su tutto il fronte, quindi, dagli avvocati intervenuti, su più aspetti: da Fabio Florio, del consiglio nazionale forense, da Mario Savio Grasso dell’Afla, associazione forense liberi avvocati (per il quale, fra l’altro, “i parlamentari avvocati se ne fottono dei nostri problemi”), da Salvo Trombetta per la Camera Penale, da Maurizio Benincasa per la Camera Minorile, da Giuseppe Zangara per la camera civile e da Angela Chimento per l’osservatorio per il diritto di famiglia.
Di certo, gli avvocati dicono di non volere “la polverosa legge degli anni trenta” che regola la professione –come ricordato dal presidente dell’ordine di Catania Maurizio Magnano di San Lio, ma di certo non questa “liberalizzazione”, definita anche “legge disarmonica” e che colpirebbe anche i diritti dei cittadini, come in tema di aumento del contributo unificato.
Gli avvocati sono –a parole- per una professione modernizzata, libera, qualificata e al servizio del cittadino. Ma allora, ci chiediamo noi: quello che accade ogni giorno nelle aule di giustizia, con le mille ingiustizie che si vedono, è colpa del governo? O solo dei magistrati? Oppure esiste un problema generale dell’amministrazione della giustizia in Italia, avvocatura inclusa? E gli avvocati che operano nei consigli d’amministrazione o negli organismi di direzione o simili di società ed enti che fanno? Profitto o libera professione? E ancora: a quando lo sciopero dei tanti “giovani” sfruttati negli studi professionali (per la verità non solo quelli legali, come nel caso dei giornalisti)? Altro che “liberalizzazione”: di “selvaggio” c’è lo sfruttamento e da decenni.
(Da Mondoprofessionisti del 28.2.2012)