Scatta la sanzione disciplinare se l’avvocato accusa il giudice di “inoperosità”.
Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza 30 dicembre 2011, n. 30170, in quanto frasi offensive pronunciate in udienza, non pertinenti e non finalizzate alla difesa, sono contrarie alla dignità ed al decoro professionale.
La vicenda parte dalle espressioni ingiuriose rivolte da un avvocato nei confronti del giudice di udienza, tra le quali si affermava che il giudice “era nota in Procura per la sua inoperosità”.
A seguito della querela sporta dal magistrato il Consiglio dell’Ordine, a seguito di procedimento disciplinare, dichiarò l’avvocato colpevole, ravvisando una violazione degli artt. 12 e 38 R.D.L., n. 1578 del 1993, irrogando la sanzione disciplinare della censura, poiché tali affermazioni non erano pertinenti né finalizzate alla difesa.
A seguito di impugnazione il Consiglio Nazionale Forense applico la minore sanzione dell’avvertimento, anche alla luce della remissione di querela del giudice.
L’avvocato, così proponeva ricorso in Cassazione adducendo, tra l’altro, la non integrazione dell’illecito ascrittogli per la mancanza della “strepitus fori”, avvero quel clamore, disagio o disappunto che potevano suscitare queste frasi nei colleghi.
Difatti “lo sconcerto degli astanti” a seguito delle affermazioni pronunziate in udienze, non è rilevante, poiché la condotta tipica prevista dagli artt. 12 e 38 R.D.L., n. 1578 del 1993, consiste “nel compimento di atti non conformi alla dignità ed al decoro professionale, non essendo richiesto, quale vento lesivo, lo strepitus fori, e neppure previsto quest’ultimo quale aggravante dell’illecito”.
(Da Altalex del 2.2.2012. Nota di Mauro Lanzieri)