Si è tenuta oggi, a Roma, presso la Cassa Forense, l’assemblea nazionale dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura. Presenti rappresentanze dei Consigli degli Ordini, della Cassa e delle Associazioni Forensi, si è approvato all’unanimità, un forte ordine del giorno contro le liberalizzazioni selvagge e la rottamazione della giustizia.
Maurizio de Tilla, presidente dell’Oua, la rappresentanza politica dell’avvocatura, è netto: «La protesta si radicalizza: altre quattro giornate di astensione dalle udienze, in contemporanea con il Congresso Straordinario forense di Milano, dal 21 al 24 marzo, che rafforzano le altre due giornate di sciopero del 23 e 24 febbraio, la manifestazione nazionale al cinema Adriano a Roma (il 23) e le altre cento iniziative lungo tutta la penisola. Chi crede di poter barattare i diritti dei cittadini con qualche piccolo inciucio al ribasso, si sbaglia di grosso. Da mesi le nostre richieste sono chiare, con questo Governo così come con il precedente Esecutivo: chiediamo l’abrogazione dell’articolo 9 del decreto Cresci Italia che cancella le tariffe e l’eliminazione della norma della manovra economica Bis che consente la presenza di soci di capitale negli studi professionali. Tra le altre richieste: il superamento dell’inutile e dannosa recente legge sul processo civile, lo slittamento dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà della media conciliazione per gli incidenti stradali ed il condominio, anche considerando l'attesa per la prossima sentenza della Corte Costituzionale. Rimane, inoltre, la proposta di istituire urgentemente un tavolo per ridiscutere tanto la revisione della geografia giudiziaria, così come l'accorpamento degli uffici dei giudici di pace».
Dissenso dell’OUA all’istituzione del Tribunale delle imprese con competenze territoriali restrittive e materie troppo estese ed arbitrarie. Il presidente dell’Oua, quindi, non manca di contestare le ragioni di fondo delle politiche di questi ultimi anni relative al mondo delle libere professioni e le implicazioni sul sistema-giustizia: «Le professioni – spiega - non possono essere assimilate alle imprese, né sono assoggettate alle garanzie della concorrenza. È forte il contrasto genetico e strutturale tra le regole delle professioni e le regole dell’impresa. Segnatamente, l’avvocatura deve considerarsi estranea a qualsiasi iniziativa di liberalizzazione selvaggia, perché è un soggetto di rilevanza costituzionale, essenziale nella giurisdizione in quanto titolare della funzione di tutela dei diritti individuali dei cittadini. La stessa Corte Europea di giustizia ha più volte riconosciuto l’indipendenza, l’assenza di conflitti, il segreto professionale e la confidenzialità quali valori fondamentali delle professioni legali. L’importanza di una condotta etica, del mantenimento della confidenzialità con i clienti e di un alto livello di conoscenza e di formazione, impone sistemi di autoregolamentazione identitaria e tradizionale quali quelli oggi osservati e applicati dagli Ordini professionali e sanciti dagli ordinamenti che non possono ispirarsi alle attività economiche e, di conseguenza, all’articolo 41 della Costituzione. Per tutte queste ragioni – conclude de Tilla – crediamo che sia inaccettabile che si continui con interventi legislativi che di fatto smantellano le stesse fondamenta del sistema professionale, abolendo totalmente il sistema tariffario, garanzia di qualità della prestazione, così come che si permetta che i soci di capitale possano entrare nell’assetto azionario degli studi professionali, con il rischio di ingerenza delle organizzazioni criminali e che si metta in discussione l’autonomia del legale, creando palesi conflitti di interessi (inaccettabili le partecipazioni di maggioranza, ma rifiutiamo anche quelle di minoranza)».
(Da Mondoprofessionisti del 17.2.2012)