CONDIVISIBILE IL RINVIO DELLA NORMA ALLA CORTE COSTITUZIONALE DA PARTE DEL TRIBUNALE DI COSENZA
DE TILLA: “L’ABOLIZIONE DELLE TARIFFE RISCHIA DI METTERE ULTERIORMENTE IN CRISI LA GIUSTIZIA ITALIANA A DANNO DEI CITTADINI. SI È CREATO UN VUOTO, MANCA UN REGIME TRANSITORIO, MOLTI PROVVEDIMENTI SULLE LIBERALIZZAZIONI OLTRE AD ESSERE SBAGLIATI PECCANO DI SUPERFICIALITÀ”
L’Organismo Unitario dell’Avvocatura (Oua) ritiene di grande rilevanza il provvedimento del Tribunale di Cosenza che si è trovato davanti alla impossibilità di liquidare le spese di causa a carico della parte soccombente, proprio per la intervenuta abolizione completa delle tariffe professionali.
Per Maurizio de Tilla, presidente Oua, «l’ordinanza del Tribunale di Cosenza che ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale dimostra quanto sia stato superficiale l’intervento del Governo sulle tariffe professionali».
«Secondo il giudice cosentino – spiega il presidente Oua - la mancanza di alcuna disciplina transitoria non consente di ritenere ultrattivo il vecchio regime delle tariffe ed obbliga ad applicare il nuovo regime a tutti i processi in corso che non siano già stati definiti anche per quel che riguarda la condanna alle spese processuali».
«È bene ricordare – aggiunge - che la innovativa disciplina legislativa ha, sin dalla sua entrata in vigore, sollevato drammatici interrogativi in ordine ai criteri cui il giudice è tenuto a conformarsi nel liquidare, alla chiusura del procedimento da lui trattato, gli “onorari di difesa” da porre a carico – mediante condanna – della parte soccombente in assenza dei necessari parametri stabiliti dal ministro vigilante.
L’espressa abrogazione di tali tariffe non consente di utilizzare le suddette tariffe in quanto “abrogate” quali “parametri” della liquidazione facendo ricorso a criteri ermeneutici fondati sulla analogia né, tantomeno, quali “parametri” di un giudizio equitativo non ravvisandosi alcuna lacuna del regime voluto dal legislatore che possa legittimare l’impiego dello strumento della interpretazione analogica né di far postulare la “sopravvivenza” delle abrogate tariffe quali “parametri” alternativi cui far ricorso per integrare la regolamentazione legislativa. E non appare possibile neppure l’estremo ricorso alla “equità” giudiziale la quale per espressa volontà del legislatore potrà esercitarsi nel determinare il preciso ammontare degli “onorari di difesa” nell’ambito di elastici “parametri” che il ministro competente avrà cura di adottare ma non già nell’individuare autonomamente i criteri cui ancorare una qualche determinazione equitativa».
Con questi presupposti, sottolinea de Tilla, entrando nel merito dell’ordinanza, «il Tribunale di Cosenza ha ritenuto che il principio costituzionale di “indefettibillità della giurisdizione” (cfr. Corte costituzionale n. 361/1998) del quale è corollario il dovere per l’organo investito della risoluzione di una controversia di decidere sollecitamente e conformemente a diritto la questione portata alla sua cognizione non consente all’organo giurisdizionale alcuna dilazione nelle more della emanazione del decreto ministeriale che dovrà determinare i c.d. “parametri” della liquidazione giudiziale. Ne discende che le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 9 del decreto legge n. 1/2012, si pongono in netto contrasto con il canone di rango costituzionale della “ragionevolezza” laddove non prevedono alcuna disciplina transitoria limitata al periodo intercorrente tra l’entrata in vigore delle norme e l’adozione da parte del ministro competente dei “parametri” ivi previsti. La disciplina dettata dai commi 1 e 2 dell’art. 9 del decreto legge n. 1/2012 appare, altresì, in contrasto con l’art. 24 della Costituzione in quanto vulnera il diritto di agire e resistere in giudizio rendendo incerto l’onere delle spese da affrontare nel corso del procedimento. La suddetta disciplina viola anche l’art. 3 della Costituzione in quanto attribuisce, di fatto e al di là di alcuna espressa attribuzione del relativo potere, una facoltà ampiamente discrezionale al giudice tenuto a liquidare gli “onorari di difesa”. Tale facoltà appare priva di alcun ragionevole ancoraggio a parametri certi e controllabili così, peraltro, frustrando, il diritto della parte soccombente di insorgere nei confronti di un provvedimento che risulti, eventualmente, incongruo o esorbitante.
Non è neppure ipotizzabile, che il giudice, cui è fatto obbligo di applicare in via esclusiva “parametri” ad oggi inesistenti, possa omettere di decidere sulla condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali ovvero sospendere il giudizio sino alla data in cui sarà emanato il provvedimento ministeriale per la cui emanazione, peraltro, le disciplina impugnata non pone alcun termine, in quanto la sospensione, in un caso non previsto da alcuna norma processuale, integrerebbe, altresì, la violazione del principio di ragionevole durata del processo sancito dall’art. 111, comma, Costituzione».
Proprio per affrontare questi nodi l’Oua in questi giorni è impegnato in un fitto calendario di incontri con le forze politiche (già realizzati con il Terzo Polo e il Pd). «Non possiamo non sottolineare – conclude de Tilla – che stiamo incontrando finalmente interessanti punti di confronto con i Partiti, ma la nostra richiesta principale è che venga soppresso l’art.9 del decreto legge sull’abrogazione delle tariffe professionali, che, invece, devono rimanere come punto di riferimento dell’accordo contrattuale tra avvocato e cliente, nonché della liquidazione giudiziale, proprio per evitare la moltiplicazione di casi come quello di Cosenza. Non possiamo non ricordare che proprio contro le liberalizzazioni selvagge e la rottamazione della giustizia abbiamo già proclamato due giornate di sciopero il 23 e 24 febbraio (con manifestazione nazionale a Roma il 23)».
Comunicato stampa Oua del 2.2.2012