Cass. Civ., sez. lavoro, sent. 12.10.2012 n° 17438
L’insorgenza di patologia tumorale, nel caso specifico neurinoma del Ganglio di Gasser, nel lavoratore, a causa dell’utilizzo protratto per diversi anni e molte ore al giorno, del telefono cellulare e del cordless, costituisce malattia professionale, con diritto del lavoratore a percepire la relativa rendita. E' quanto ha stabilito la Sezione Lavoro della Cassazione, con la sentenza 12 ottobre 2012, n. 17438, del tutto innovativa in quanto per la prima volta la giurisprudenza di legittimità si esprime in merito alla dannosità dei telefoni cellulari.
Il caso di specie vedeva un manager agire in giudizio deducendo che, in conseguenza dell’uso lavorativo protratto, per dodici anni e per 5-6 ore al giorno, di telefoni cordless e cellulari all’orecchio sinistro, aveva contratto una grave patologia tumorale (il neurinoma del Ganglio di Gasser”, appunto, tumore che colpisce i nervi cranici, in particolare il nervo acustico e, più raramente, come nel caso di specie, il nervo cranico).
A parere della ricorrente, secondo i principi di diritto elaborati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, la corretta applicazione dell'art. 3, D.P.R. n. 1124/65 richiede, in particolare, sulla base di dati epidemiologici e di letteratura ritenuti affidabili dalla comunità scientifica, che l'agente dedotto in giudizio sia dotato di efficienza patogenetica, quanto meno probabile, per la specifica malattia allegata e diagnosticata; la suddetta relazione deve essere supportata da un giudizio di affidabilità dei dati stessi espresso dalla comunità scientifica.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità; a tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all'assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all'entità ed all'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio, ed anche considerando che "la natura professionale della malattia può essere desunta, con elevato grado di probabilità, dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall'assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia".
Di conseguenza, al fine di escludere il risarcimento del danno, non è sufficiente che una determinata malattia non sia tabellata o non già riconosciuta dall’Inail: se la patologia viene provata per causa di lavoro, la stessa è tenuta al risarcimento.
(Da Altalex del 16.10.2012. Nota di Simone Marani)