Cass. Pen., sez. III, sent. 21.9.2012 n° 36591
Quando la durata di una pena accessoria temporanea è determinata dalla legge nella misura minima ed in quella massima, non trova applicazione il principio dell'uniformità temporale tra pena accessoria e pena principale previsto dall'art. 37 cod.pen., ma spetta al giudice determinarne in concreto la durata applicando i parametri di cui all'art. 133 c.p.
E’ questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 21 settembre 2012, n. 36591 in merito ad una fattispecie di occultamento e distruzione di libri e documenti contabili da parte di un imprenditore, al fine di evasione fiscale. Al riguardo, incassata la pronuncia di condanna dal Tribunale alla pena di quattro mesi di reclusione per l’imprenditore, il Procuratore generale presso la Corte di appello territoriale propone ricorso per cassazione ex art. 569 cod. proc. pen. chiedendo l’annullamento della stessa, limitatamente alla omessa applicazione delle pene accessorie previste dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12, che non essendo predeterminate nella durata non possono essere applicate in sede esecutiva.
Gli Ermellini non possono che accogliere il ricorso, in quanto i giudici non hanno disposto la condanna dell’imprenditore anche alle pene accessorie previste per in caso di condanna per il reato al medesimo ascritto, stabilite dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 e cioè: "a) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni; b) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni; c) l'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni; d) l'interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria; e) la pubblicazione della sentenza a norma dell'art. 36 c.p.".
Pertanto, i giudici di Piazza Cavour ribadiscono il principio di diritto già espresso dalla giurisprudenza consolidata, osservando inoltre che l’interpretazione ivi contenuta risulta costituzionalmente orientata alla luce dello sfavore che, da sempre, il Giudice delle Leggi ha mostrato in relazione alle previsioni sanzionatorie rigide, volte ad escludere la possibilità, da parte del giudice di merito, di valutare le circostanze concrete con riferimento alla condotta dell'imputato.
Da qui l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla omessa applicazione delle pene accessorie, con rinvio alla Corte di appello territoriale.
(Da Altalex del 4.10.2012. Nota di Alessandro Ferretti)