A Napoli dal palco del congresso straordinario dell'Aiga i vari politici, da Mantini e Cavallaro, avevano parlato chiaramente: il rinvio dell’approvazione della riforma era stato un errore di percorso. Martedì i lavori sarebbero arrivati in porto. E invece nulla. Il ddl non è neanche all’ordine del giorno. Ma intanto le fila di coloro che vogliono una riforma della professione così come è alla Camera, si assottiglia.
Per gli avvocati under 45 quella della rappresentanza è una priorità a tal punto da portare il presidente dell'Aiga, Dario Greco, ad annunciare, sabato, il proprio rifiuto a firmare la delega in bianco, chiesta dal presidente della Commissione giustizia del Senato, Filippo Berselli, per approvare la riforma dell'ordinamento forense entro 24 ore dall'ingresso a palazzo Madama del testo licenziato dalla Camera.
“La delega in bianco non me la sento di firmarla - spiega Greco. “Noi vogliamo che la riforma sia approvata entro la legislatura, ma per questo è necessario votare l'emendamento all'articolo 65 che prevede una delega al governo di dodici mesi per emanare, sentito il Cnf, gli ordini e le associazioni, i decreti legislativi per garantire un sistema democratico di elettorato attivo e passivo. Che tradotto nel nostro slogan vuol dire: un avvocato, un voto".
Per l'approvazione dell'emendamento promette il suo appoggio Maurizio de Tilla. «Da questo momento mi batterò con i giovani avvocati - spiega il leader dell'Oua - visto che c'è innegabilmente un gap di democrazia che ha prodotto i tentennamenti sia sulla geografia giudiziaria, sia sulla media conciliazione. E per questo deve essere votato l'emendamento sulla governance, che non è contro la riforma forense ma vuole arricchirla”. Il nodo da sciogliere è intricato.
“Chi solleva adesso il problema della governance di fatto affossa la riforma - spiega il presidente dei penalisti, Valerio Spigarelli -. È vero che le camere penali chiedono una modifica all'articolo 9 che affida agli atenei il compito di creare gli specialisti, ma in quel caso si tratta di aggiungere solo la parola "anche", che consente di salvare le scuole forensi ben più qualificate. Nel caso della governance, problema che esiste, l'operazione sarebbe molto più complessa. Si tratta di un discorso da affrontare nel lungo periodo, non ora”.
La pensa allo stesso modo il presidente dei civilisti, Renzo Menoni. “È meglio una cattiva riforma – spiega Menoni - la quale comunque riconosce la peculiarità della nostra categoria, piuttosto che finire nel calderone del Dpr professioni”.
Dal treno della riforma è scesa da tempo Ester Perifano, segretario dell'Associazione nazionale forense. «La riforma così come è non risolve i problemi ma ne aggiunge altri - sottolinea Perifano - e per questo prendiamo le distanze da quel testo. Il problema della governance è forte, Oua e Cnf si indeboliscono a vicenda perché non riconoscono i reciproci compiti”».
Invita a evitare le fughe in avanti il rappresentante del Cnf, Andrea Pasqualin, che afferma di sentirsi «simpaticamente» sul banco degli imputati. “Questa legge non è perfetta - sostiene Pasqualin - ma la base per far ripartire l'avvocatura. Sono d'accordo sull'istanza di un sistema di elezione democratico, ma la discussione dovrebbe essere rimandata. Non è vero che la riforma dà al Cnf un ruolo diverso. Il modello cosiddetto "bicefalo" - conclude - è in piedi da 15 anni e ha funzionato bene finché qualcuno a cominciato a smarcarsi”.
(Da Mondoprofessionisti del 30.10.2012)