La Corte Costituzionale, a termine della seduta tenutasi il 24 ottobre 2012, ha dichiarato l’illegittimità, per eccesso di delega legislativa, dell’art. 5, primo comma, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, istitutivo della mediazione nelle controversie civili e commerciali, laddove si prevede il carattere obbligatorio della media-conciliazione (l’art. 60 della legge-delega n. 69/2009, in attuazione della direttiva europea 52/2008, non parlava di obbligatorietà della mediazione, ma il Governo emanò egualmente il decreto legislativo n. 28/2010 prevedendone, appunto, l’obbligatorietà).
Una sentenza che, è bene evidenziare immediatamente, non si pone tanto contro l’obbligatorietà del tentativo di mediazione, come si sarebbe portati a credere, bensì, più che altro, contro il comportamento dell’esecutivo, in rapporto a quanto deliberato dal Parlamento.
Come è risaputo, il D.Lgs. 28/2010 aveva introdotto, nell’ambito di particolari materia, la conciliazione come una condizione di procedibilità dell’azione, con la conseguenza che l’azione poteva ben essere iniziata, ma si arrestava se le parti interessate non si fossero rivolte ad un Organismo di mediazione.
A seguito della pronuncia del giudice delle leggi le cose cambiano: la conciliazione torna facoltativa nelle materie per le quali, prima dell’intervento del giudice delle legge, era prevista come obbligatoria, ovvero: a) condominio; b) diritti reali; c) divisione; d) successioni ereditarie; e) patti di famiglia, f) locazione; g) comodato; h) affitto di aziende; i) risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti; l) risarcimento del danno da responsabilità medica; m) diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità; n) contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Scompaiono, inoltre, le sanzioni pecuniarie per chi non partecipa al procedimento di mediazione, mentre rimane l’obbligo di avviso, da parte del legale, di informare dell’esistenza dell’istituto, non riferendo più l’ipotesi di conciliazione obbligatoria.
Rimane il principio di fondo secondo il quale chiunque può accedere alla conciliazione per la mediazione di una controversia civile e commerciale in materia di diritti disponibili. Ora come allora, la controversia può essere decisa o da un giudice o da un soggetto diverso, come, per l’appunto, l’Organismo di mediazione, istituito dal D.Lgs. 28/2010.
L’interrogativo sorge spontaneo: quale sarà il futuro per quei quasi 40.000 professionisti, avvocati, ingegneri e geometri, che hanno investito tempo e denaro per la formazione da mediatore, e per gli oltre 900 Ordini ed Enti che si sono registrati come Organismi di mediazione presso il Ministero della Giustizia? Le motivazioni della sentenza, attese per le prossime settimane, forse potranno aiutarci nella soluzione di questo grave problema, nonché per porre sul piatto riflessioni non solo sulla mediazione intesa come un filtro preventivo dell’azione giudiziale, ma anche sulla più generale problematica dell’accesso alla giustizia.
Simone Marani (da AltaMediazione.it del 27.10.2012)