Trib. Reggio Emilia, sent. 25.9.2012 n° 1569
Le spese di lite, in base ai principi generali sanciti dall’art. 91 c.p.c. devono essere poste a carico della parte soccombente a favore della parte vittoriosa. La parte soccombente, inoltre, deve essere condannata alla rifusione delle spese processuali anche a favore del terzo chiamato, sulla base dell’assunto secondo cui, qualora l’attore <<risulti soccombente nei confronti del convenuto in ordine a quella pretesa che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia>>,deve rifondere le spese del terzo, nel caso in cui sussista una <<regolarità causale della chiamata, intesa come prevedibile sviluppo logico e normale della lite, ed astratta fondatezza della chiamata in manleva, accertata incidentalmente.>>.
E’ questo il principio di diritto, ribadito, in primis, dalla sentenza del Tribunale di Reggio Emilia in commento.
Il Tribunale, altresì, ha ritenuto di condannare l’opponente anche ai sensi del novellato articolo 96 comma 3 c.p.c., norma secondo cui <<in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata>>.
Tale norma, introdotta dalla L. n. 69/2009, ha accolto ed esteso a tutti i processi, ad eccezione di quello previdenziale, il meccanismo dell’ormai abrogato art. 385 comma 4 c.p.c., dettato per il solo processo di Cassazione.
La pronuncia di condanna può essere effettuata d’ufficio e non ha limite nella determinazione dell’importo.
L’orientamento prevalente ritiene che siffatta norma possa essere applicata anche nei confronti del terzo chiamato, come nel caso del presente giudizio, o del terzo intervenuto.
La sentenza in commento affronta e risolve, in maniera approfondita, le tre questioni interpretative sulle quali non vi è uniformità di posizioni dottrinarie e giurisprudenziali. In particolare, si tratta delle problematiche relative alla natura della norma, al suo ambito di applicazione ed all’entità della condanna con peculiare riferimento alle seguenti circostanze:
sussistenza necessaria di un danno di controparte;
sussistenza dei requisiti della lite temeraria di male fede e colpa grave, previsti dal primo comma dello stesso articolo 96;
parametri guida della discrezionalità del giudice sulla quantificazione dell’importo della condanna.
(Da Altalex del 3.10.2012. Nota di Elena Salemi)