Siamo sicuri che il pericolo della “svendita” della categoria forense sia scongiurato?
L’Articolo 29 1-bis della manovra finanziaria 2011 sancisce che “Al fine di incrementare il tasso di crescita dell'economia nazionale, ferme restando le categorie di cui all'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, sentita l'Alta Commissione di cui al comma 2, il Governo formulerà alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche; trascorso il termine di otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero”.
In primis, non si comprende, se le “proposte di riforma in materia di liberalizzazione” da parte del Governo, siano vincolanti o meno per le categorie coinvolte. Cosa accade se il Governo non formula alcuna proposta? Sarà comunque necessario provvedere alla regolamentazione entro 8 mesi? Il testo dell’articolo 29 comma 1 – bis è assolutamente lacunoso. Ma soprattutto: in che modo le categorie professionali possono recepire le “proposte” del Governo?
A leggere il testo, dovrebbe essere l’organo istituzionalmente rappresentativo della categoria a dover recepire i “suggerimenti” del governo, traducendoli poi in un regolamento “ad hoc”. Si tratterebbe in sostanza, di consegnare una delega in bianco al Consiglio Nazionale Forense, per l’emanazione di un regolamento, che non esiterei a definire “il padre di tutti i regolamenti” ovvero un provvedimento che, avrebbe come fine ultimo di consentire al CNF di disciplinare (rectius: di riformare) in toto, la professione forense.
Decisamente un passo in avanti, rispetto al DDL 1198 sulla modifica dell’ordinamento professionale, che attribuiva ampissimi facoltà e poteri al CNF, sovrapponendo la potestà regolamentare, con la rappresentanza politica ed istituzionale dell’avvocatura e con la funzione giurisdizionale.
Il DDL giace (per fortuna) ormai dai tempo in Senato, forse destinato ad essere ritirato, ma il medesimo risultato e le medesime intenzioni dell’estensore del DDL 1198 potranno essere ottenute, direttamente dall’organo che avrà il “compito” di scrivere il regolamento destinato a cambiare per sempre la vita degli avvocati.
Ovviamente, promanando da un organo rappresentativo della nostra categoria, ci aspettiamo un regolamento che sia all’altezza del ruolo istituzionale ricoperto dal CNF ma soprattutto che tuteli realmente gli interessi ed i diritti della categoria forense, contemperando le legittime spinte verso la liberalizzazione con le peculiarità della nostra professione (si vedano anche le deroghe previste dalla cd direttiva Bolkestein in materia di servizi di interesse generale) e con il suo ruolo sociale e di valenza costituzionale, tenendo a mente che “liberalizzare” non significa e non può significare in alcun modo “svendere” o “mercificare” o ancor peggio “ridicolizzare” una professione che, al contrario, ha assoluto bisogno di essere valorizzata e difesa anche di fronte alla collettività che, complice una campagna mediatica denigratoria nei confronti della categoria forense, ritiene quella degli avvocati una lobby di affaristi, dimenticando non solo la drammatica situazione di precarietà in cui versano migliaia di avvocati ma soprattutto ignorando il ruolo di assoluto rilievo nel panorama istituzionale della figura dell’avvocato, come filtro tra il cittadino e la giustizia e pertanto come portatore dell’interesse del cittadino, a fare valere i propri diritti, dinnanzi agli organi della giustizia.
Matteo Santini (da Mondoprofessionisti del 19.7.2011)