In dieci anni quasi un milione di giovani hanno avuto accesso nelle professioni
I professionisti fanno quadrato: pronti a scendere ancora una volta in piazza come cinque anni fa. E questa volta saranno ben più di cinquantamila quando Roma fu invasa dai lavoratori della conoscenza.
“Il problema è di eccesso e non di accesso – attacca Marina Calderone, Presidente del Comitato Unitario delle Professioni - abolire gli esami di Stato per far calare i costi dei servizi professionali significa fare gli interessi della collettività? Noi siamo certi di no. In un mercato che fa fatica ad assorbire professionisti già adesso, abolire il 'filtro' dell'esame sarebbe come mandare al massacro altre decine di migliaia di giovani senza neanche controllarne la preparazione. Le professioni sono fondamentali per contribuire allo sviluppo del Paese: le idee per il futuro vanno dall'apprendistato con leve fiscali idonee ai tirocini formativi da ampliare, all'avvio del lavoro autonomo con un accompagnamento economico sino al raccordo Università e Ordini professionali”.
E sulla liberalizzazione delle professioni il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla afferma: “Alfano batte Bersani 10 a 1. Dal testo della manovra è stata stralciata la normativa sulle liberalizzazione delle professioni che prevede, tra l’altro, l’abolizione degli ordini professionali. Come risulta da indiscrezioni di stampa si starebbe lavorando a un disegno di legge ad hoc sulla materia, un disegno che peggiora addirittura il quadro previsto dalla legge Bersani del 2006. La previsione normativa è tranchant per le professioni: abolendo l’esame di stato si cancella la qualità delle prestazioni, obiettivo principale di qualsiasi riforma professionale”.
Duro il Cnf, che stigmatizza: così si affossa la professione forense. In particolare il Consiglio Nazionale Forense dice no all’abolizione dell’esame di stato e all’equiparazione tra attività professionale e imprese. “La prima misura – rileva il Presidente Guido Alpa, sarebbe in contrasto con la Costituzione, in quanto consentirebbe l’accesso all’esercizio della professione a tutti, senza una selezione accurata: consentirebbe l’esercizio della difesa, che costituisce un interesse non solo dell’assistito ma anche della generalità dei cittadini, a laureati in legge le cui capacità e professionalità non sono state preventivamente accertate”. Inoltre osserva il Cnf “si è sempre imputato agli avvocati di essere troppi, con conseguente lunghezza del contenzioso e impatto sulla ripresa economica, e si vorrebbe eliminare l’ultimo strumento di selezione rimasto. Per altro verso, la possibilità per gli avvocati di svolgere non solo l’attività intellettuale ma anche quella commerciale produce una commistione di interessi che snatura il significato stesso di attività professionale. Come potrebbe - si chiede il Cnf - assicurare l’indipendenza, l’autonomia, l’assenza di conflitti di interessi e la valutazione attenta e distaccata della posizione del cliente, un avvocato che esercita il commercio?”
Di diversa opinione, ovviamente, la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che nel corso del suo intervento che ha concluso l'assemblea annuale degli imprenditori vicentini ha chiesto che il tema delle liberalizzazioni torni al centro dell'agenda del Governo. "Le liberalizzazioni – ha detto la Marcegaglia - in questa manovra non sappiamo bene che fine abbiano fatto e chiediamo che vengano rimesse all'ordine del giorno".
(Da Mondoprofessionisti del 5.7.2011)