La casa usata per le vacanze non può essere assegnata al coniuge separato che ha l'affidamento dei figli, perché l'unica abitazione che rileva, ai fini della conservazione dell'ambiente domestico, è quella in cui si svolgeva la vita familiare. Chiaro il monito della Corte di Cassazione (con la sentenza n. 14553 del 4 luglio).
Il caso
In parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria, con la quale veniva pronunciata la separazione personale dei coniugi e disposto l'affidamento dei figli minori alla madre, la Corte d'Appello assegnava a quest'ultima l'abitazione familiare. L'ex coniuge proponeva ricorso per cassazione, censurando la sentenza per aver assegnato una casa di vacanze e non l'abitazione primaria, come invece è previsto dalle norme codicistiche.
Casa familiare
Il ricorso viene ritenuto fondato. Requisito fondamentale per l'assegnazione ad uno dei coniugi separati o divorziati, infatti, è che si tratti della stessa abitazione nella quale si svolgeva la vita familiare durante la convivenza.
Ciò che rileva è la natura di habitat domestico dell'appartamento, inteso come luogo degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si è articolata la vita familiare durante la convivenza dei suoi membri.
Obiettivo: tutela della prole
L'assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, infatti, risponde all'esigenza di tutelare i figli, consentendo loro di rimanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, per limitare le conseguenze negative della crisi familiare.
La Corte Suprema conferma, quindi, il principio consolidato in base al quale l'assegnazione della casa ex art. 155, comma 4, c.c., «è consentita unicamente con riguardo all'immobile che ha costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità».
(Da avvocati.it dell’11.7.2011)