La manovra finanziaria appena approvata dal Consiglio dei Ministri, contiene l’ennesima ciliegina sulla torta (rectius: tegolata) offerta dal Governo alla categoria degli avvocati. Ovvero: l’aumento del contributo unificato. La norma inserita nel titolo VI (disposizioni per lo sviluppo) reca in sé un titolo che appare non solo sinistro ma addirittura beffardo “processo civile e altri disposizioni per la maggiore efficienza della giustizia”. Il tutto nel presupposto che l’aumento del contributo unificato rappresenterebbe la panacea ai mali della giustizia. La realizzazione del tanto agognato piano di smaltimento dell’arretrato giurisdizionale si realizzerebbe limitando l’accesso dei cittadini alla giustizia ! Un vero capolavoro di democrazia; ancora una volta si dimentica o si vuole dimenticare che il diritto ad agire in giudizio previsto dall’articolo 24 della Costituzione deve essere necessariamente coordinato ed interpretato alla luce di un altro principio, sempre di valenza costituzionale, vale a dire il principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’articolo 3 che riporto, affinché chi siede in parlamento (maggioranza ed opposizione) si possa rinfrescare la memoria (o nei casi peggiori: acculturare) “… è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Cari “governanti”, per smaltire l’arretrato giudiziario e per migliorare l’efficienza della giustizia, impediamo ai cittadini di poter esercitare liberamente il proprio diritto ad agire in giudizio e a fare valere i propri diritti ? Dopo l’entrata in vigore della media conciliazione, pare che la violazione dell’articolo 24 della Costituzione sia ormai divenuta una moda, alla quale tutti intendono omologarsi. Ovviamente il grato compito di informare il cittadino – cliente che per far valere il proprio diritto, non solo deve passare attraverso l’inutile e farraginoso sistema della media conciliazione, non solo deve attendere anni prima di avere una sentenza ma dovrà anche sborsare un maggior contributo unificato, spetta all’avvocato. Non dimentichiamo che, nell’immaginario del cliente, il contributo unificato non è una tassa giudiziaria ma un aumento della tariffa dell’avvocato ! Forse sarebbe il caso di spiegare al cliente che le attuali tariffe forensi sono ancorate a parametri vecchi ormai 7 anni. Ahimè, la colpa forse è solo di noi avvocati, che non riusciamo nemmeno a far applicare e rispettare le norme vigenti. Se è stato contemplato che le tariffe forensi venissero aggiornate ogni due anni, significa che con tale cadenza debbono essere aggiornate e non ogni 10 anni. Altrimenti, ove fosse stato previsto un adeguamento con cadenza diversa, l’aumento in termini percentuali avrebbe dovuto essere più alto e ciò per una ovvia questione legata all’inflazione. Ma questo più che hai clienti andrebbe spiegato al Consiglio Nazionale Forense (o a chi dovrebbe rappresentarci politicamente ed istituzionalmente) . Quale peggiore punizione per gli avvocati ? Purtroppo al peggio non c’è mai fine; e dulcis in fundo (a proposito di ciliegina sulla torta) ecco il vero capolavoro inserito nella manovra finanziaria “ ..Ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata ed il proprio numero di fax … ovvero qualora la parte ometta di indicare il proprio codice fiscale nell’atto introduttivo del giudizio .. il contributo unificato è aumentato della metà” . Tutti in punizione dietro la lavagna ! e restiamoci anche quando è ora di andare a votare (andiamoci a sbirciare sui siti web di Camera e Senato quanti avvocati siedono nelle commissioni giustizia e ricordiamoci di non votarli mai più, e non solo perché non riescono tutelare i diritti della nostra categoria ma anche e soprattutto perché, nel momento in cui posano le terga sulle agognate poltrone parlamentari dimenticano di essere colleghi.
Matteo Santini (da Mondoprofessionisti dell’8.7.2011)