Il contratto di locazione non è sempre “legato” al certificato di abitabilità. Così la sentenza 7 giugno 2011, n. 12286 della Suprema Corte di Cassazione in materia.
Con questa sentenza i giudici della Corte hanno precisato che il locatore ha senz’altro diritto all’ottenimento del certificato di abitabilità; ma non è così “pacifico” che la mancanza di tale documentazione possa essere di ostacolo alla valida costituzione del rapporto di locazione, nel caso in cui il conduttore ne fosse stato a conoscenza o, comunque, se lo stesso abbia utilizzato il bene secondo la destinazione d’uso convenuta.
Un cenno al documento di cui trattasi appare d’obbligo; il certificato (o licenza) di abitabilità, che viene rilasciato dal comune in base al D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, ha una duplice funzione: da un lato attestare l’idoneità dell'immobile ad essere adibito ad uso abitativo, previa valutazione della sua conformità agli standards minimi di stabilità, sicurezza ed igiene degli edifici (sul punto cfr. Cass. pen., 13 dicembre 1996, n. 4311, in Dir. pen. e processo, 1998, 215 e ss.); dall’altro quella di garantire l’idoneità dell’immobile ad assolvere una determinata funzione economico sociale e quindi a soddisfare in concreto i bisogni che hanno indotto l’acquirente ad effettuare l’acquisto (cfr. Cass., 10 giugno 1991, n. 6576, in Giust. civ., 1992, I, 1333 e ss.).
In linea di principio, secondo il pensiero dei giudici di legittimità nella decisione in oggetto, in tema di locazione di immobili, la mancanza delle concessioni amministrative o delle autorizzazioni (che condizionano la regolarità dello stesso immobile sotto il profilo edilizio) costituisce inadempimento del locatore; un simile comportamento giustifica, quindi, la risoluzione del contratto ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1578 del codice civile, a meno che il conduttore, come sopra evidenziato, non sia a conoscenza della situazione e non l’abbia, pertanto, conseguentemente accettata.
In base a quanto precisato dalla Corte nella sentenza che qui si commenta, è irrilevante la circostanza secondo cui il conduttore abbia proposto, poi, domanda di concessione in sanatoria; la domanda di risoluzione del contratto può essere proposta solo dopo che il provvedimento autorizzatorio sia stato definitivamente negato solo quando il conduttore sia a conoscenza della situazione dell’immobile alla data della conclusione del contratto oppure ne abbia accettato il rischio, non dichiarando l’uso al quale intende destinare i locali o, ancora, manifestando l’intenzione di voler accettare l’immobile nello stato di fatto e di diritto nel quale si trova.
Le eccezioni da parte del conduttore possono concernere vizi che portano alla diminuzione, in modo apprezzabile, della idoneità del bene all’uso protetto, salvo che si tratti di vizi a lui noti o, comunque, facilmente conoscibili.
In definitiva, la mancanza del rilascio delle concessioni relative alla destinazione d’uso di un bene non può, quindi, essere di ostacolo alla valida costituzione del rapporto locatizio purchè vi sia stata concreta utilizzazione del bene, da parte del conduttore, secondo la destinazione d’uso convenuta.
(Da Altalex del 4.7.2011. Nota di Manuela Rinaldi)