Trib. Venezia, sent. n. 2309 del 5.12.2012
Quasi in concomitanza con la pubblicazione della sentenza n. 19154/2012 della Suprema Corte, il Tribunale di Venezia, nella persona della dott.ssa Mariagrazia Balletti, decide un caso simile a quello analizzato dagli Ermellini, giungendo ad analoghe conclusioni di tipo giuridico.
La vicenda riguarda la caduta di una donna provocata da una buca presente sul manto stradale mentre passeggia tra i banchi del mercato cittadino, caduta che le causa danni fisici, seppur di modesta entità.
La sentenza si segnala, dapprima per una puntuale analisi della Giurisprudenza più recente in tema di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 cc della P.A in relazione ai danni provocati dai beni nella sua disponibilità, per poi affrontare il delicato argomento della esimente derivante dal caso fortuito.
Il giudice, dopo aver delineato i tratti distintivi tra la responsabilità del custode di beni privati (il quale ha il potere di escludere i terzi dall’uso del bene) e custode di beni demaniali (che invece è esposto maggiori fattori di rischio non potendo limitare l’impiego del bene ed entro certi limiti sorvegliare e azioni degli innumerevoli utilizzatori), indica quelli che, a suo parere sono i fattori specifici che debbano essere considerati ai fini della corretta applicazione della responsabilità oggettiva di cui all’articolo in questione e, di conseguenza, quali possano essere le peculiarità che consentono di riconoscere la presenza di un’ipotesi di caso fortuito.
Così, non sono da ritenersi come elementi fondamentali per la eventuale esclusione di responsabilità l’estensione del bene, la concreta possibilità vigilanza su di esso, o ancora il comportamento degli utenti, come indicato dalla Giurisprudenza, quanto, piuttosto, la natura e la tipologia delle cause che abbiano provocato il danno, attraverso “una più ampia ed elastica applicazione della nozione di caso fortuito”.
La responsabilità della P.A. ai sensi dell’art. 2051 cc, dovrà, pertanto, essere riconosciuta ogni qualvolta le cause che hanno dato origine al danno “siano intrinseche alla struttura del bene, sì da costituire fattori di rischio conosciuti o conoscibili a priori dal custode”, mentre l’agente dannoso potrà essere considerato fortuito quando “si tratti di situazioni di pericolo estemporaneamente create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione”, e ciò, quanto meno, fino a che non sia trascorso un lasso di tempo sufficiente acchè l’Ente possa venire a conoscenza del pericolo e, quindi, possa porvi rimedio.
Alessandro Menin (da diritto.it del 14.2.2013)