Con la sentenza n. 3197/2013, la Cassazione conferma la condanna a 280 euro di multa e risarcimento dei danni morali, a carico di una professoressa di lettere che aveva apostrofato un suo allievo come "asino, bugiardo, handicappato", insomma "una nullità, che riusciva ad andare avanti negli studi solo per l'interessamento della madre".
Il caso. Senza successo la prof ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che rientravano "nel legittimo esercizio del diritto di critica" riservato ai docenti tutti i 'giudizi' che aveva rivolto allo studente.
Il giudizio di legittimità. Per la Suprema Corte solo l'epiteto di "asino" avrebbe potuto "in linea di principio, riconnettersi ad una manifestazione critica sul rendimento del giovane, con finalità correttive", ma aver aggiunto anche che l’alunno era "un bugiardo, un handicappato e una nullità" sono "espressioni obiettivamente denigratorie e indicative di volontà offensiva in capo a chi ebbe ad usarle". "Tanto più - prosegue la Cassazione - se con l'aggiunta che il profitto scolastico del ragazzo doveva ritenersi ingiustamente condizionato in positivo da chissà quale interessamento della di lui madre". Pertanto i supremi giudici hanno confermato il verdetto di colpevolezza emesso dal Tribunale di Rossano a carico della prof.
(Da avvocati.it del 4.2.2013)