Nessuna società tra professionisti può essere iscritta ad alcun albo fino a quando non sarà stato emanato il regolamento previsto dal co. 10, art. 10, Legge 12 novembre 2011, n. 183.
E' quanto chiarisce la circolare 2 gennaio 2012 con la quale il Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali esamina la normativa sulle società tra professionisti e ne propone alcune modifiche "al fine di completare o almeno meglio definire la disciplina delle STP affinché le prerogative degli ordinamenti professionali non rischino di essere vanificati dalla forma giuridica con cui una professione viene svolta".
In particolare, fino a quando l'iscrizione all’albo non potrà essere fatta la società, anche se costituita e inserita nel Registro delle Imprese, non potrà svolgere in concreto la propria attività. Infatti condizione essenziale per la stessa è che presso il Registro delle Imprese venga depositata la certificazione (assimilabile alle autorizzazioni di cui all’art. 2329 cc) rilasciata dal competente Ordine professionale e attestante l’avvenuta iscrizione presso lo stesso della società, previa valutazione da parte dell’Ordine medesimo dell’esistenza dei requisiti previsti dalla legge e dall’emanando Regolamento.
La circolare sottolinea inoltre che:
i commi 9 e 11 dell’art. 10 della l.n. 183/2011 prevedono, la “salvezza” dei diversi modelli societari e dei modelli associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della legge di stabilità. L’intento appare chiaro, ovvero consentire ai professionisti associati di conservare lo status giuridico prescelto; al contempo, però, viene disposta l’abrogazione della legge 23 novembre 1939, n. 1815, unica fonte che attualmente disciplina, ancorché in parte, i modi di costituzione degli studi associati. Tale intervento non è condivisibile perché priva le associazioni professionali esistenti della pur minima regolamentazione che ne riconosceva almeno la possibilità di esistenza. Inoltre, l’abrogazione così fatta determina anche l’impossibilità in futuro di scegliere il modello associativo che finora ha rappresentato l’unica possibilità per l’universo dei professionisti e che ben potrebbe continuare a rappresentare una forma apprezzabile;
la lettera della norma fa ritenere impossibile la costituzione di società unipersonale dato che il riferimento all’attività professionale “da parte dei soci” sembra escludere differenti interpretazioni. Del resto, poi, neppure è nello spirito normativo introdurre un diverso modo di svolgimento della attività professionale se non quando questa vuole avvenire in forma collettiva;
la società non è soggetta alla legge fallimentare, proprio per la netta distinzione che l’esclusività della attività professionale produce nei confronti dell’attività d’impresa;
del pari e per analoga distinzione, a livello fiscale, andranno applicate esclusivamente le norme sul reddito professionale: l’attività della società è esclusivamente professionale e dunque non d’impresa benché la forma giuridica organizzativa sia stata mutuata da tale contesto. In virtù di ciò, non è possibile attrarre alle normative esclusivamente riferite all’impresa una diversa attività.
(Da Altalex del 3.1.2012)