sabato 21 gennaio 2012

Prende la pillola abortiva fai da te: donna multata

La donna che provoca l'interruzione volontaria della propria gravidanza è passibile della sola pena pecuniaria pari a 51,65 euro. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44107/2011.
Il caso. Una donna straniera di 31 anni, prima ancora che fosse approvato il protocollo per la pillola abortiva RU486, interrompeva la gravidanza all'ottava settimana, assumendo un farmaco destinato alla cura dell'ulcera ma capace di provocare l'aborto come effetto secondario. Il fatto veniva accertato dalla struttura ospedaliera dove la signora si era fatta visitare per perdite ematiche. Per questo veniva denunciata all'autorità giudiziaria e condannata a 40 giorni di carcere, pena sospesa dalla condizionale, sia in primo che in secondo grado dalla Corte di Appello di Milano. Contro questo verdetto, la donna ha proposto ricorso per cassazione.
Il giudizio di legittimità. La Suprema Corte ha bacchettato i giudici di merito: in casi simili, la legge "prevede per la donna che provochi l'interruzione volontaria della propria gravidanza la pena solo pecuniaria della multa pari a 51,65 euro". Inoltre, i giudici di piazza Cavour, dopo aver annullato il "trattamento sanzionatorio", hanno ordinato alla Corte milanese di applicare la sola multa oltre a tutti i "benefici di legge", ossia il trattamento più clemente possibile. Tuttavia, relativamente alla violazione delle norme della legge n. 194/1978 che regolamenta l'interruzione della gravidanza imponendo il ricorso alla struttura ospedaliera, la circostanza che la signora non sapesse di commettere reato assumendo la pillola con modalità 'fai da te', per di più in epoca in cui non c'era alcun protocollo per l'assunzione di pillole abortive, non è stata ritenuta dalla Cassazione una giustificazione valida. Infatti, si legge in sentenza, "l'ignoranza delle modalità previste dalle legge 194, per la realizzazione legittima di una condotta volontariamente abortiva non può che costituire ignoranza della legge penale in linea di principio incapace di escludere la responsabilità". In sostanza, quindi, la donna è stata ritenuta colpevole per aver assunto "al di fuori del rispetto delle dette modalità una medicina capace di farle raggiungere il risultato perseguito di abortire".

(Da avvocati.it del 18.1.2012)