LIBERALIZZAZIONI, UN "BAVAGLIO" ALL’AVVOCATURA
PER UNA GIUSTIZIA SENZA DIRITTO DI DIFESA PER IL CITTADINO
MAURIZIO DE TILLA, OUA: «I diritti dei cittadini vengono calpestati nei paesi senza democrazia, mettere il “bavaglio all’avvocatura” è uno degli strumenti scelti dalla politica italiana per pregiudicare i diritti dei cittadini a uso e “abuso” della legge di mercato: le liberalizzazioni selvagge rischiano di incidere negativamente sull’etica della difesa e sulla legalità del processo»
Maurizio de Tilla, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, la rappresentanza politica degli avvocati italiani, che ha proclamato due giorni di sciopero il 23 e 24 febbraio, con manifestazione nazionale a Roma (il 23) e in oltre 100 città italiane (il 24), spiega le ragioni della protesta simbolica rappresentata nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Napoli: «Gli avvocati – spiega - vengono imbavagliati e messi a tacere, pur rappresentando diritti sanciti costituzionalmente come quello alla difesa del cittadino, il Governo Monti, confondendo economia e giustizia, pone in essere una politica che cancella la giustizia su gran parte dei territori e che assegna agli avvocati un ruolo mercantile che è estraneo alla cultura del nostro Paese».
«Nei giorni 23 e 24 febbraio – prosegue de Tilla, illustrando le iniziative - gli avvocati si asterranno dalle udienze. Il 23 febbraio a Roma l’avvocatura italiana si unirà per una grande manifestazione nazionale che sarà ripetuta il 24 febbraio in ogni ufficio giudiziario a livello locale. Se non verranno ascoltate le istanze degli avvocati l’astensione proseguirà più dura ed incisiva, fino a bloccare anche con lo “sciopero bianco” tutta l’attività giudiziaria. È convocato per il 23 e 24 marzo a Milano il Congresso Straordinario Forense per adottare ulteriori iniziative e dare attuazione con tutte le forme consentite al tema principale. “I diritti prima del mercato”».
Il presidente dell’Oua espone, quindi, le posizioni dell’avvocatura: «Sì all’efficienza e all’eliminazione degli sprechi - sottolinea - no ai tagli per ridurre la giustizia sul territorio, alla cancellazione della funzione costituzionale dell’avvocatura, alla rottamazione della giustizia». E ricorda che nelle prossime settimane si avrà la sentenza della Corte Costituzionale su uno dei nodi critici che hanno portato allo sciopero: la mediaconciliazione obbligatoria. «Abbiamo fiducia nella pronuncia della Corte Costituzionale (probabilmente entro il prossimo marzo) sull’obbligatorietà della media conciliazione. Dopo otto mesi dalla sua entrata in vigore non sono più di tremila le conciliazioni effettivamente realizzate nel Paese con la procedura di obbligatorietà, con notevoli costi e pregiudizi all’accesso alla giustizia sancito dall’art. 24 della Costituzione e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il Governo dovrà fare passi indietro in tal senso, annullando o rinviando l’allargamento della mediaconciliazione obbligatoria alle materie del condominio e dell’infortunistica stradale.
L’Oua sottolinea che la preoccupazione degli avvocati è rivolta, appunto, a questo processo di snaturamento della centralità della giurisdizione pubblica, una posizione condivisa anche da parlamentari di tutti gli schieramenti. «Il diritto di difesa non va “imbavagliato” – continua - con norme processuali che esprimono un inaccettabile sospetto nei confronti del difensore. La Commissione Giustizia del Senato ha opportunamente cancellato alcune norme di lesione del diritto di agire del cittadino (quali la sanzione alla prima udienza per chi non si è costituito nella procedura conciliativa, la istanza per la trattazione della causa in appello e in cassazione per evitare l’estinzione del processo etc.).
Allo stesso modo si esprime dissenso rispetto al decreto legislativo sull’abrogazione o accorpamento degli uffici non circondariali dei giudici di pace, se i Comuni non provvedono ad accollarsi le spese di sede e di funzionamento. «È proprio tale formulazione della norma – rileva il presidente Oua - che ne inficia la finalità. Delle due, l’una: o gli uffici da abrogare sono inutili ed allora non si capisce perché sia stata fissata la possibilità di accollo dei costi ai Comuni; o gli uffici sono utili e funzionali allo smaltimento dei processi, ed allora perché accollarne gli oneri ai Comuni intaccando così equilibri finanziari già precari, con un giroconto che non comporta alcun risparmio da considerare nella complessiva finanza pubblica».
L’OUA su tutte queste questioni ha già incontrato il Terzo Polo e nei prossimi giorni si riunirà con i parlamentari del PD e dell’Italia dei Valori, che hanno dichiarato la propria disponibilità ad ascoltare le proposte dell’Avvocatura.
«Chiederemo con vigore la revisione dei criteri per la riorganizzazione degli uffici giudiziari sul territorio – puntualizza - e che vengano eliminate le norme che ledono l’indipendenza dell’avvocatura, quali l’introduzione di soci di capitale nelle società professionali, con possibile “lascia passare” all’inserimento della delinquenza organizzata nella gestione della difesa dei cittadini, l’abolizione delle tariffe professionali, che costituiscono presidio imprescindibile per la regolazione del rapporto fiduciario con il cliente, oltre che per la qualità della prestazione del professionista. Eliminare le tariffe non fa crescere il PIL ed anzi mette in difficoltà i giovani professionisti».
«La giustizia è un bene pubblico – conclude de Tilla - che contrasta con le esigenze del mercato e non può consentire liberalizzazioni selvagge e rottamazione dei processi. Altri sono i rimedi per ammodernare la giustizia e smaltire l’arretrato: reale (e veritiera) attuazione del processo telematico in tutti gli uffici giudiziari; reale (e veritiera) applicazione delle prassi virtuose già sperimentate in alcuni tribunali; previsione di manager della giustizia ed eliminazione degli sprechi: incremento delle risorse economiche (senza alcun trattenimento del contributo unificato da parte del Ministero dell’Economia); varo di una legge, varo in sede di conversione del decreto legge sulla giustizia civile di una delega per la riforma e l’implementazione dei giudici laici. Come è evidente gli avvocati non solo protestano, ma anche avanzano molte proposte, peccato che gli interlocutori si sottraggono al confronto».
Comunicato stampa del 31.1.2012