È quanto affermato con sentenza n. 28824 del 27 dicembre 2011 dalla prima sezione civile della Corte di cassazione. In particolare, il ricorrente affermava la non indispensabile erogazione dell’assegno di divorzio in favore della ex moglie, la quale, lavorando, percepiva un proprio reddito che le consentiva di mantenere lo stesso tenore di vita che aveva in costanza di matrimonio, senza l’ulteriore contributo economico dell’ex coniuge. Inoltre, il ricorrente eccepiva la mancata prova da parte dell’ex coniuge beneficiario dell’assegno sia in ordine al tenore di vita precedentemente tenuto, sia in merito alle possibilità di continuare a mantenerlo dopo il divorzio solo con le proprie disponibilità economiche.
La Corte ha, tuttavia, ritenuto che l’assegno divorzile andava ugualmente corrisposto, in quanto esso trova il suo presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi economici del coniuge richiedente e specificamente nella insufficienza dei medesimi a consentirgli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e nell’esigenza di un tendenziale ripristino della precedente condizione di equilibrio. Nella fattispecie l’indubbio divario delle capacità reddituali dei due coniugi erano tali da non consentire alla ex moglie di mantenere uno status economico analogo a quello goduto nel corso del matrimonio: da qui la necessità dell’assegno
divorzile, inteso proprio a riequilibrare il divario e avvicinare la capacità reddituale a quella precedente.
Infine, nella fattispecie, per quanto non sia stata svolta una specifica indagine diretta a determinare il tenore di vita del nucleo familiare nel corso del matrimonio, la Corte ha ritenuto di poterlo definire di media agiatezza in base ai redditi percepiti.
Biancamaria Consales (da diritto.it del 4.1.2012)