Le disastrose conseguenze di un evento alluvionale accaduto in Lombardia nella provincia di Brescia sono oggetto della pronuncia 27 ottobre 2011, n. 22479 della Cassazione.
Il proprietario di un locale, sito in un paesino del Bresciano, citò in giudizio l’Amministratore del Condominio chiedendo il risarcimento dei danni causati dal debordo dalla strada, nel locale di sua proprietà di acque piovane cadute in rilevanti quantità.
Il locale subì ingenti danni, tali da costringere il proprietario ad un rifacimento dello stesso e stessa sorte toccò al mobilio ivi contenuto. Secondo l’Amministratore i danni erano imputabili al Comune, dovuti, a suo parere, alla mancata manutenzione del tombino, infatti la “fuoriuscita imponente dell’acqua dal tombino ne era la prova evidente”.
Nel giudizio di primo grado, il Comune, tra le molteplici motivazioni che avrebbero dovuto esentarlo da ogni addebito, incluse anche l’esimente del caso fortuito, adducendo il fatto che il danno sarebbe stato prodotto da eccezionali quantitativi di pioggia caduti nell’arco di 24-36 ore.
Il Tribunale di Brescia, quindi, dando ragione alle difese dell’Ente coinvolto, rigetta la domanda di risarcimento del proprietario del locale, il quale però, non scoraggiatosi per la suddetta sentenza, investì la corte d’Appello del successivo grado di giudizio.
In appello, la corte riformò la decisione di primo grado e stabilì la responsabilità del Comune evidenziando due elementi: “il nesso causale fra la fuoriuscita dell’acqua dal tombino (cosa in custodia del Comune) e l’allagamento” e la mancata dimostrazione, proprio da parte del Comune, “del caso fortuito”. Condannò l’Ente al pagamento dei danni occorsi al proprietario del locale.
Il Comune presenta ricorso in cassazione, per dimostrare la correttezza della propria azione e per evitare, quindi, le responsabilità per l’allagamento "incriminato". Secondo il Comune la manutenzione dei tombini era stata effettuata a regola d’arte, nessuna richiesta risarcimento a carico dell’amministrazione comunale poteva trovare fondamento. Ma manca un elemento fondamentale nella motivazione del ricorso: la concretezza. Nella sentenza d’Appello viene denunciata la violazione della norma sul “danno cagionato da cosa in custodia”, in particolare è stata affermata la responsabilità del Comune visto che “l’addensamento, pur di grande violenza, dell’acqua piovana misto a detriti lungo l’area antistante il locale danneggiato ed il successivo allagamento costituivano un fatto prevedibile e tempestivamente eliminabile mediante l’adeguamento delle opere pubbliche secondo le corrette norme tecniche, onde impedire lesioni dell’altrui proprietà”.
Conseguenza logica, quindi, è il rigetto del ricorso presentato dal Comune, costretto a risarcire i danni all’assicurazione.
(Da Altalex del 23.1.2012. Nota di Cesira Cruciani)