Chi si schiera per l'obbligatorietà nega che l'accordo debba coincidere con l'eventuale sentenza
Si apre il contrasto fra i giudici del merito sull'obbligatorietà della mediazione nelle controversie relative all'usucapione: ora è la volta dell'orientamento che nega la praticabilità di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 5 del D.lgs. 28/2010, sostenendo invece la necessità di sottostare all'iter del tentativo di conciliazione.
È quanto emerge dall'ordinanza depositata il 30 dicembre 2011 dal tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria, giudice estensore Michele Ruvolo, che va in direzione contraria rispetto all'ordinanza pubblicata il 20 dicembre scorso dal tribunale di Varese, giudice estensore Giuseppe Buffone.
Accordo impossibile
L'indirizzo giurisprudenziale che in base all'interpretazione secundum constitutionem esclude l'obbligatorietà della mediaconciliazione rileva che i litiganti non potrebbero comunque arrivare a un accordo che faccia cessare la materia del contendere: soltanto una sentenza trascritta nei registri immobiliari - sottolinea il provvedimento del giudice lombardo - mette l'attore al riparo dai rischi di azioni di creditori o terzi che vantino diritti verso il convenuto. E ancora: il verbale di conciliazione che accerta l'usucapione non è trascrivibile né appare praticabile il negozio di accertamento, è che negozio delle parti.
Nessun clone
L'indirizzo opposto, invece, sostiene l'applicabilità del tentativo obbligatorio sul rilievo che il procedimento di mediazione tende a far trovare un accordo che impedisca il sorgere del contenzioso giudiziario, senza che necessariamente l'accordo debba coincidere con il contenuto della pronuncia giudiziaria richiesta dalla parte attrice e senza che necessariamente l'eventuale accordo sia trascrivibile. L'istituto di cui all'articolo 5 del D.lgs. 28/2010, osserva il giudice siciliano, non è «un clone anticipato della sentenza». Di contro l'ordinanza del tribunale varesino sottolinea come il generico riferimento del legislatore ai «diritti reali» nell'ambito delle materie di cui al tentativo di conciliazione obbligatorio appare quasi una «scelta a casaccio». Una cosa è certa: l'istituto di risoluzione stragiudiziale introdotto dal legislatore sta creando serie difficoltà interpretative: si attende la pronuncia della Corte costituzionale.
Dario Ferrara (da cassazione.net)