Spetta al domiciliante, e non al cliente, pagare gli onorari del domiciliatario, il quale non può essere qualificato co-difensore a seguito della domiciliazione: il rapporto tra i due legali si configura come mandato. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25816/2011.
Il caso. Dopo aver ricevuto un incarico da parte di un cliente, un avvocato si rivolgeva ad un collega, affinché svolgesse attività procuratoria in sua vece e quale domiciliatario. Giunto il momento di corrispondere al collega le sue spettanze, l’avvocato mandante aveva ritenuto di non farlo: il domiciliatario avrebbe dovuto esigerle direttamente dal soggetto che aveva fruito del patrocinio. In sostanza, l’avvocato mandante riteneva che si fosse in presenza di un rapporto contrattuale in cui entrambi gli avvocati, mandante e mandatario, fossero in realtà codifensori dello stesso cliente, con la conseguenza che le relative spettanze avrebbero dovuto essere pretese da entrambi gli avvocati dal cliente stesso. Il legale domiciliatario si rivolgeva così al giudice, il quale decideva in suo favore in primo grado con decreto ingiuntivo, salvo poi ribaltare la decisione in sede di opposizione. Di qui il ricorso in appello, conclusosi in favore dell’avvocato domiciliatario. Tale verdetto veniva, infine, confermato dalla Corte di Cassazione.
Il giudizio di legittimità. La S.C. ribadisce che «obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore per l'opera professionale richiesta, se ed in quanto la stessa sia stata svolta, non è necessariamente colui che ha rilasciato la procura alla lite». Infatti, «l’obbligato può anche essere colui che abbia affidato al legale il mandato di patrocinio, anche se questo sia stato richiesto e si sia svolto nell'interesse di un terzo, instaurandosi in tale ipotesi, collateralmente al rapporto con la parte che abbia rilasciato la procura ad litem, un altro distinto rapporto interno ed extraprocessuale»; rapporto regolato dalle norme di un ordinario mandato, in virtù del quale la posizione del cliente viene assunta non dal patrocinato ma da chi ha richiesto per lui l'opera professionale. Pertanto, «fermo il rapporto contrattuale tra il cliente e l’avvocato, quest’ultimo può dare mandato ad un altro avvocato affinché svolga attività nell’interesse del suo cliente. E in questo caso l’avvocato mandante diventa cliente dell’avvocato mandatario, nel senso che è l’avvocato mandante ad essere obbligato al pagamento dell’avvocato mandatario e non il cliente in senso stretto che, per contro, resta legato al rapporto contrattuale con l’avvocato mandante».
(Da avvocati.it del 17.1.2012)