Il cambio di destinazione d’uso, realizzato senza opere evidenti, non necessita di concessione edilizia nel caso in cui non si sostanzi in un mutamento urbanistico - edilizio e pertanto non sconvolga l’assetto dell’area in cui è ricaduto l’intervento edilizio.
E’ questo il principio confermato dal T.A.R. Lazio di Roma con la sentenza 24 maggio 2011, n. 4622. In realtà si tratta di un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza in base al quale il mutamento di destinazione d’uso realizzato senza opere sia attività ormai da ritenersi libera (cfr. ad esempio TAR Lazio, sez. II, 7.10.2005, n. 8002 e TAR Abruzzo, sede l'Aquila, 2 aprile 2009, n. 236).
Si deve osservare in proposito che la destinazione d’uso caratterizza funzionalmente l’immobile ed è segnata dagli strumenti urbanistici di pianificazione o di attuazione della pianificazione, nell’ambito delle categorie generali di uso urbanistico previste dalle norme vigenti. In altri termini la destinazione d’uso non è altro che la funzione a cui può assolvere un immobile e che viene consentita dal PRG per ciascun ambito territoriale.
Il mutamento di destinazione d’uso può avvenire anche mediante l’esecuzione di opere edilizie che modifichino la struttura dell’immobile, alterandone la destinazione originaria determinando un mutamento strutturale dello stesso. Al contrario, il mutamento, come nel caso affrontato dal TAR Lazio di Roma, può essere realizzato senza l’esecuzione di opere edilizie, attraverso la concreta utilizzazione dell’edificio in maniera non conforme all’uso consentito nel titolo abilitativo oppure con interventi che in ogni caso non incidano sulla struttura dell’immobile, ma ne concretizzino una diversa utilizzazione. Al riguardo il T.U. sull’edilizia prevede all’articolo 10, comma 2 che le “regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di nuova attività”.
In definitiva, è rimesso alle regioni il compito di individuare quali ipotesi di mutamento di destinazione d’uso debbano essere assoggettate a permesso di costruire e quali a denuncia d’inizio attività. Sul punto, come evidenziato anche dal Giudice nella sentenza n. 4622/2011, il legislatore regionale del Lazio non è intervenuto con particolari norme in materia, lasciando pertanto spazio aperto all’applicazione giurisprudenziale riportata nel testo.
Ritornando al caso di specie e “tirando le somme”, si assiste ad un utilizzo di fatto dell’unità abitativa diverso da quello della sua destinazione d’uso, cioè ufficio anziché residenza. Quest’ultima circostanza non risulta accompagnata da alcuna opera, facendo rientrare pertanto la fattispecie concreta nell’inquadramento generale di cui ha dato espressione consistente giurisprudenza (cfr, tra le tante, Cons. Stato, sez. V., 23.2.2000, n. 949, TAR Liguria, sez. I, 28.1.2004, n. 102, TAR Veneto, Sez. III, 13.11.2001, n. 3699, Cass. Penale, Sez. III, 1.10.1997, n. 3104 e, più di recente, le già citate TAR Lazio, sez. II, 7.10.2005, n. 8002 e TAR Abruzzo, sede l'Aquila, 2 aprile 2009, n. 236). In particolare, si osserva che il semplice cambio di destinazione d’uso effettuato senza opere edilizie, non implica necessariamente un mutamento urbanistico - edilizio del territorio comunale e, come tale, non abbisogna di concessione edilizia qualora non sconvolga l’assetto dell’area in cui l’intervento edilizio ricade. La giurisprudenza sembra, quindi, soffermarsi, per tracciare il confine tra attività libera e attività soggetta a titolo abilitativo, sulla eventuale compromissione del territorio dove sia stato compiuto il mutamento d’uso dell’immobile senza opere.
(Da Altalex del 22.6.2011. Nota di Alessandro Ferretti)