Dal convegno di Siracusa la Cassa denuncia
l’impoverimento della professione
“Non raccontiamo favole. L’impoverimento della professione non è più solo un rischio, è una realtà”.
A lanciare l’allarme è il Presidente della Cassa forense, Marco Ubertini, nel suo intervento al convegno “Gli avvocati e il sistema giustizia. Storie e prospettive nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia”, organizzato in questi giorni a Siracusa dal Consiglio dell’Ordine di Siracusa, l’Unione degli Ordini forensi Siciliani, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, il Cnf e la Cassa Forense.
I dati presentati da Ubertini non lasciano spazio ad altre interpretazioni: secondo le stime del 2010, dei 216.728 avvocati iscritti agli albi, solo 156.934 sono iscritti alla Cassa forense (circa il 72%, dieci anni fa erano circa il 75%).
Gli “assenti” non raggiungono il reddito minimo necessario per l’iscrizione, cioè 9 mila euro annui (750 euro mensili). Questi avvocati, che Ubertini non esita a definire il nuovo “proletariato”, non solo vivono con un reddito mensile inferiore a quello giudicato dall’Istat come soglia di povertà (1000 euro al mese), ma non godono di alcuna copertura previdenziale e assistenziale, né di ammortizzatori sociali. La situazione, naturalmente, è critica anche per l’Italia.
Il rapporto Istat 2011 “La situazione del Paese nel 2010” descrive un ritardo economico grave rispetto al resto d’Europa. Per un decennio, i redditi dei professionisti italiani hanno registrato una crescita costante solo in termini nominali, mentre se li consideriamo al netto dell’inflazione, è già da un pò che la situazione è complicata.
Negli ultimi due anni, poi, sotto i colpi della crisi, c’è stata una secca riduzione anche dei redditi nominali. Giusto per dare l’idea, i circa 49.800 euro dichiarati mediamente dagli avvocati italiani sono uno dei valori più bassi (considerando l’inflazione) degli ultimi vent’anni.
Come siamo arrivati a questa situazione? Da una parte, a causa della crisi economica, c’è la crescente difficoltà di realizzare redditi adeguati. Dall’altra, però, l’avvocatura deve fare i conti con questioni irrisolte: dal problema della riforma forense a quella dell’accesso alla professione, che senza un’opportuna regolamentazione rischia di riempire le facoltà di giurisprudenza di migliaia di iscritti senza alcuna prospettiva di lavoro. In questo preoccupante scenario, Cassa forense, attraverso una gestione accorta del suo patrimonio che gli garantisce solidità anche in un momento di oggettiva difficoltà, sta cercando di tutelare al meglio gli interessi dei suoi iscritti. Ma è indubbio che nulla potrà per quegli avvocati che non avendo i requisiti reddituali necessari non sono iscritti.
“E’ un problema del quale tutta l’avvocatura, pena l’abbandono del principio di solidarietà intercategoriale da sempre vanto della classe forense, dovrà farsi carico - ha concluso Ubertini - fermo restando che ognuno dovrà fare la sua parte: il Parlamento, magari approvando una riforma dell’ordinamento forense attesa da troppi anni, e il Paese, mettendosi d’impegno per far funzionare il “sistema giustizia” la cui inefficienza, oltre ai rimproveri dell’Europa, vale secondo il governatore Draghi circa 16 miliardi di euro all’anno”.
(Da Mondoprofessionsti del 6.6.2011)