Il passaggio (all’unanimità) della proposta di legge garantirà alle casse la possibilità di aumentare il contributo integrativo dall’attuale 2% a un massimo del 5% e di poterne destinare una parte a migliorare le pensioni. E il vantagio sarà quello di raddoppiare i (miseri) assegni previdenziali previsti per i professionisti più giovani. Secondo i calcoli dell’Adepp (l’Associazione degli enti previdenziali privati) tra circa 30 anni i professionisti italiani che andranno in pensione avranno, in media, un assegno di poco superiore ai 12 mila euro l’ anno. Il dato si ricava da una media (infatti ci sono alcune casse in grado di garantire pensioni molto più alte) ed è valido solo per il sistema retributivo misto (formato dal vecchio retributivo e da una quota di contributivo). Molto peggio andrà alle casse più giovani, quelle create dall’ormai famoso decreto legislativo 103 del ‘ 96 (basato sul sistema contributivo puro): in quel caso la prestazione annua media, si aggirerà addirittura intorno a 5.500 euro l’anno. In pratica i giovani di oggi avranno una pensione pari a circa un terzo del reddito. Con il nuovo sistema però qualcosa cambierà. In meglio. «Quando le casse potranno applicare questa legge, quasi certamente porteranno l’aliquota dell’integrativo al 4 per cento – spiega Antonio Pastore, componente del consiglio direttivo dell’Associazione italiana dottori commercialisti – se anche solo la metà degli introiti in più sarà destinata alla previdenza, le pensioni passeranno da un terzo a più della metà dell’ultimo reddito. Non è moltissimo ma un grande passo avanti che dobbiamo alla Lo Presti». Eppure il testo, che in Parlamento è stato approvato praticamente all’unanimità, desta qualche preoccupazione: il timore più forte è che questo aumento venga finanziato dalle tasche dei consumatori. Il contributo integrativo, infatti, nelle parcelle dei professionisti è a carico del cliente che quindi potrebbe veder lievitare il conto da pagare. «Considerazioni infondate – taglia corto Nino Lo Presti (nella foto), primo firmatario del disegno di legge che porta il suo nome -. L’attuale battaglia competitiva tra i professionisti impedisce di far lievitare le parcelle. Chi lo farà rischia di rimanere tagliato fuori dal mercato. In realtà i compensi resteranno uguali ma salirà la quota destinata all’integrativo. Questo è un sistema che punta a creare un circolo virtuoso che spinga i giovani a emergere dal nero. Fino a oggi in molti pensavano che fosse più redditizio rimanere sommersi piuttosto che dichiarare tutto per ottenere una pensione da fame. Da domani il gioco potrebbe valere la candela». Probabilmente però per avviare un processo virtuoso servirà qualche incentivo in più, per esempio quel sistema di welfare che da tempo i professionisti provano a tracciare facendo i conti con le difficoltà economiche che la crisi ha prodotto anche ai loro fatturati. «La nostra Associazione rappresenta venti casse previdenziali con caratteristiche ed esigenze molto diverse – dice Andrea Camporese, presidente dell’Adepp -. Ma sotto l’aspetto dei problemi strutturali esiste una certa uniformità. Serve un fondo sanità: tutte le casse hanno necessita di sostenere i soci che, a causa di gravi problemi di salute, sono impossibilitati a lavorare. Così come serve un supporto ai giovani negli anni dell’ avviamento professionale, per esempio concedendo mutui o finanziamenti agevolati. Infine, bisognerebbe poter disporre di risorse anche per concedere assegni per la disoccupazione temporanea, quella che tocca spesso i giovani o le donne». Però per realizzare progetti di questo tipo servono fondi e una regia unica. Non è un mistero che dal ministro Sacconi siano arrivate più volte indicazioni verso una «super cassa» che sappia coordinare le esigenze comuni delle varie categorie. «Il tema dei servizi condivisi è fondamentale – concorda Camporese – e la sanità rimane al primo posto tra le nostre priorità. Questo è un obiettivo a cui le casse possono lavorare cooperando. Allo stesso modo si può puntare a un codice di autoregolamentazione finanziaria valido per tutti. Ma non bisogna dimenticare che per realizzare i progetti comuni servono capitali e bisognerà trovare fonti a cui attingere». Il grande sogno delle casse professionali è legato agli sgravi fiscali: per esempio puntando al calo dell’ aliquota di tassazione sugli utili degli investimenti finanziari delle casse, attualmente fissata al 12,5%. «Attualmente sono tassati come una persona fisica – osserva Camporese – Si tratta di quota molto alta se la si mette a confronto con quella dei fondi di secondo pilastro, i cosiddetti fondi integrativi, che sono tassati all’ 11,5% . La nostra proposta è quella di scendere almeno di un punto percentuale destinando al welfare le cifre equivalenti a ciò che si risparmia». Ma puntare agli sgravi fiscali è una scommessa. Quasi quanto quella di avere una pensione decente tra trent’anni.
(Da Mondoprofessionisti del 17.6.2011)